LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima Sezione penale composta da: Carlo Zaza - Presidente; Gaetano Di Giuro; Raffaello Magi - relatore; Francesco Aliffi; Daniele Cappuccio, ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi proposti da: Italfondiario S.p.a.; Phoenix Asset Management S.p.a. avverso l'ordinanza del 6 novembre 2020 del GIP Tribunale di Bologna; udita la relazione svolta dal consigliere Raffaello Magi; lette le conclusioni del P.G. E. Pedicilli, che ha concluso per la inammissibilita' del ricorso; Ritenuto in fatto 1. Il GIP del Tribunale di Bologna, quale giudice della esecuzione penale, con decisione emessa in data 6 novembre 2020, ha dichiarato inammissibile per tardivita' la domanda di tutela del credito ipotecario inciso da confisca, introdotta in data 8 maggio 2018 (ai sensi dell'art. 1, comma 198 e seguenti della legge n. 228 del 2012) da Italfondiario S.p.a. 1.1 I fatti rievocati nella decisione sono i seguenti: a) nel corso del procedimento penale svoltosi a carico di Z. A. per delitti correlati al traffico di sostanze stupefacenti veniva disposto, in data ... decreto di sequestro preventivo di un immobile sito in ..., meglio descritto in atti; b) in epoca posteriore alla condanna dell'imputato veniva emesso il decreto di confisca dell'immobile, con decisione divenuta definitiva in data ....; c) l'immobile era gravato da ipoteca iscritta prima del decreto di sequestro preventivo - il ... - in riferimento alla operazione di mutuo erogato da Banca Intesa S.p.a. in favore di Z. A.; d) il credito, assistito dalla garanzia reale, era stato ceduto «in blocco» (con cessione di ramo di azienda pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. ... del ...) da Banca Intesa S.p.a. a Credit Agricole Cariparma S.p.a.; e) Italfondiario S.p.a. e' procuratore speciale del creditore e, appurata l'esistenza della decisione di confisca, formulava la domanda di ammissione al pagamento in data 8 maggio 2018. 1.2 Le ragioni giuridiche poste a base della decisione di inammissibilita' della domanda sono, in sintesi, le seguenti: a) la domanda di tutela del credito inciso dalla confisca, in rapporto al momento in cui la confisca e' divenuta definitiva ( ... ), trova la sua regolamentazione legale nella previsione introdotta con legge n. 161 del 17 ottobre 2017 (vigente dal 19 novembre del 2017) all'articolo 37, comma 1; b) con tale disposizione di interpretazione autentica, che il GIP del Tribunale di Bologna non reputa innovativa, e' stato previsto che «le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 194 a 206, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si interpretano nel senso che si applicano anche con riferimento ai beni confiscati, ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992 n. 356, e successive modificazioni, all'esito di procedimenti iscritti nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale prima del 13 ottobre 2011. ..»; c) da cio' deriva che, trattandosi di confisca posteriore alla vigenza della legge n. 228 del 2012 (emessa ai sensi dell'art. 12-sexies, decreto-legge n. 356 del 1992 e successive modificazioni), la previsione regolatrice e' quella del comma 205 della legge n. 228 del 2012, con individuazione del termine di proposizione della domanda di tutela in quello di centottanta giorni dalla definitivita' della statuizione di confisca; d) il termine e' pertanto inutilmente decorso, anche a voler considerare quale momento della «effettiva conoscenza» in capo al creditore non gia' la data di definitivita' della decisione ( ... ) ma il posteriore momento di conoscenza effettiva (che, per le ragioni esposte nella decisione viene individuato alla data del 6 luglio 2017). 2. Avverso detta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - Italfondiario S.p.a. e Phoenix Asset Management S.p.a. La legittimazione del secondo soggetto giuridico e' correlata ad ulteriore atto di cessione del credito (intervenuto nelle more) a Valerie SPV, di cui Phoenix Asset Management e' procuratore speciale. Il ricorso introduce due motivi. 2.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione delle disposizioni regolatrici (art. 1, comma 199 della legge n. 228 del 2012, come interpretato ai sensi dell'art. 37, legge n. 161 del 2017). In premessa si deduce la erroneita' del presupposto interpretativo su cui si fonda la decisione impugnata, dovendosi attribuire alla disposizione dell'art. 37, legge n. 161 del 2017 una portata innovativa e non meramente ricognitiva della pretesa interpretazione dei contenuti della legge n. 228 del 2012. La applicabilita' al settore penale delle disposizioni in rito della legge n. 228 del 2012 dovrebbe, in tale prospettiva, essere ricondotta proprio alla vigenza della legge n. 161 del 2017 (dal 19 novembre 2017) e da cio' deriverebbe la tempestivita' della domanda di tutela (proposta nel termine di centottanta giorni dalla vigenza dello ius novum). Si sostiene, nell'atto di ricorso, simile lettura interpretativa, che individua la voluntas legis della disciplina di interpretazione autentica non in termini di conferma della «diretta applicazione» (in ambito penale) ab initio (dal 1° gennaio 2013) della legge n. 228 del 2012, ma in termini di applicabilita' «mediata», ossia a far data dalla vigenza del medesimo testo legislativo contenente la particolare disposizione dell'art. 37, dunque a far data dal 19 novembre 2017. Cio' perche' sarebbe del tutto irragionevole - con ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti portatori di pretese del tutto analoghe - l'effetto retroattivo (dal 2017 al 2013) derivante dalla disposizione di interpretazione autentica (nell'ottica sostenuta dalla decisione impugnata) che spiegherebbe effetti preclusivi alla possibilita' stessa di tutela del credito, ricollegando la decadenza al decorso di centottanta giorni dal passaggio in giudicato della statuizione di confisca penale, li' dove le disposizioni processuali della legge n. 228 del 2012 risultano dettate solo per la disciplina delle misure di prevenzione patrimoniali. 2.2 Al secondo motivo le ricorrenti deducono erronea applicazione di legge in riferimento a quanto previsto dal comma 205 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. Pur ammettendosi la applicabilita' ex tunc della disciplina dettata per le misure di prevenzione dalla legge n. 228 del 2012, la decisione sarebbe, in ogni caso, erronea in ragione della ritenuta «conoscenza effettiva» della decisione di confisca alla data del 6 luglio 2017. In tale momento, infatti, e' stata realizzata dal creditore una ispezione ipotecaria, che si reputa non idonea ad assicurare la conoscenza effettiva della decisione di confisca. Detta conoscenza e' derivata - in tesi - solo dalla acquisizione di copia del provvedimento di confisca, copia rilasciata in data 23 novembre 2017. Solo tale acquisizione, secondo le ricorrenti, rendeva possibile la proposizione della domanda di tutela. 3. Con requisitoria scritta del 30 maggio 2021 il Procuratore generale ha concluso per la inammissibilita' del ricorso. Considerato in diritto 1. Ad avviso del Collegio va sollevata, di ufficio, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37 legge n. 161 del 2017 - per contrasto con gli articoli 3 e 24, comma 1 della Costituzione - per le ragioni che seguono. 1.1 La disposizione di interpretazione autentica, nei suoi contenuti precettivi, e' stata correttamente applicata dal Tribunale di Bologna nella decisione oggetto di impugnazione. Tuttavia, proprio la impossibilita' di pervenire ad un diverso assetto ermeneutico conduce a ritenere sussistente, per le ragioni che si esporranno, il dubbio di Legittimita' costituzionale. 1.2 Sul tema, sostanzialmente introdotto dalla parte privata al primo motivo (sia pure con suggerimento ermeneutico impraticabile, teso ad attribuire portata innovativa ai contenuti della disposizione), vanno di seguito realizzate talune precisazioni di inquadramento giuridico, in punto di rilevanza e di' non manifesta infondatezza del dubbio di legittimita' costituzionale. In tal senso, la norma di cui all'art. 23 legge n. 87 del 1953, nella sua corrente interpretazione (tra le altre, Corte Cost. n. 96 del 18 aprile 2012), consente al giudice procedente di provvedere ex officio ad integrare la prospettazione del dubbio di legittimita' costituzionale della disciplina che andrebbe applicata al caso in trattazione, li' dove sia ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione medesima. Nel caso in esame la parte ricorrente ha introdotto censure relative al contenuto della disposizione anche in termini di irragionevolezza e di disparita' di trattamento, aspetti che si ritengono fondati ma che possono essere apprezzati, per le ragioni che si diranno, solo in chiave di dubbio di costituzionalita'. 2. La declaratoria di inammissibilita' della domanda di tutela del credito e' in tutta evidenza correlata ai contenuti dell'articolo 37, comma 1 della legge n. 161 del 2017, con le conseguenze esposte nella decisione impugnata. 2.1 Se in una disposizione di interpretazione autentica si afferma, come nel caso in esame, che «le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 194 a 206, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si interpretano nel senso che si applicano anche con riferimento ai beni confiscati, ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 356, e successive modificazioni, all'esito di procedimenti iscritti nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale prima del 13 ottobre 2011», e' evidente che l'applicazione di cui si parla non si posiziona alla data di vigenza della norma di interpretazione autentica (19 novembre 2017) ma a quella di vigenza della disciplina richiamata (al 1° gennaio 2013). La voluntas legis e', in ogni disposizione di interpretazione autentica, proprio quella di dissipare dubbi interpretativi della disciplina originaria, in tal modo rendendo «obbligatoria» una tra le possibili letture della medesima sin dal momento iniziale della vigenza della disciplina cui si opera riferimento. 2.1 L'intervento legislativo del 2017 impone, in altre parole, di ritenere - anche nei giudizi in corso - che la disposizione regolatrice del termine di proposizione della domanda di tutela (in ambito di confisca penale divenuta irrevocabile dopo il 1° gennaio del 2013) e' il comma 205 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 (dunque centottanta giorni dalla definitivita' della decisione che incorpora la confisca). Quanto alla possibilita' di diversa interpretazione della disposizione di cui all'art. 37, comma 1 legge n. 161 del 2017 non puo' che farsi riferimento - per rendere chiara la assenza di simile opzione - ai contenuti di Sez. U n. 34472 del 19 aprile 2012 (rv 252934), secondo cui il giudice, chiamato ad applicare una legge di interpretazione autentica, non puo' qualificarla come innovativa e circoscriverne temporalmente, in contrasto con la sua «ratio» ispiratrice, l'area operativa, perche' finirebbe in tal modo per disapplicarla, mentre l'autorita' imperativa e generale della legge gli impone di adeguarvisi, il che delinea il confine in presenza del quale ogni diversa operazione ermeneutica deve cedere il passo al sindacato di legittimita' costituzionale. Sulla possibile individuazione di una diversa disposizione regolatrice o di un diverso dies a quo del termine decadenziale, le doglianze della parte ricorrente sono, pertanto, da ritenersi infondate. 2.2 Analoga infondatezza va, preliminarmente, dichiarata in riferimento ai contenuti del secondo motivo di ricorso. Le Sezioni unite di questa Corte sono intervenute, con decisione n. 39608 del 22 febbraio 2018 (ric. ...) a precisare - quanto al giudizio di prevenzione - che in tema di confisca di prevenzione «i creditori muniti di ipoteca iscritta sui beni confiscati all'esito dei procedimenti per il quali non si applica la disciplina del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, devono presentare la domanda di ammissione del loro credito al giudice dell'esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca nel termine di decadenza previsto dall'art. 1, comma 199, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, anche nel caso in cui non abbiano ricevuto le comunicazioni di cui all'art. 1, comma 206, della stessa legge, in quanto il termine di decadenza decorre indipendentemente dalle predette comunicazioni. L'applicazione di detto termine e', comunque, subordinata all'effettiva conoscenza, da parte del creditore, del procedimento di prevenzione in cui e' stata disposta la confisca o del provvedimento definitivo di confisca ed e', in ogni caso, fatta salva la possibilita' per il creditore di essere restituito nel termine stabilito a pena di decadenza, se prova di non averlo potuto osservare per causa a lui non imputabile». Nel caso oggetto del presente ricorso, il Tribunale di Bologna si e' correttamente posto il problema della «effettiva conoscenza» della decisione di confisca del bene oggetto di garanzia ed in modo non implausibile (e dunque non rivalutabile) ha affermato che tale conoscenza e' derivata dalla visura ipotecaria del 6 luglio 2017, posto che il documento in questione conteneva le trascrizioni tanto del sequestro che della posteriore confisca. Si tratta, pertanto di una forma di conoscenza pienamente idonea a determinare, in tesi, la decorrenza del termine di centottanta giorni di cui al comma 205 dell'art. 1, legge n. 228 del 2012. 3. Quanto sinora esposto rende concreto il parametro della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, legge n. 161 dei 2017, atteso che la disposizione in parola, ove applicata, porta alla valutazione di infondatezza dell'atto di ricorso, contrastatile solo attraverso l'eventuale accoglimento del dubbio di legittimita' costituzionale della medesima. 3.1 Si e' piu' volte affermato, nelle lezioni interpretative di questa Corte di legittimita', che polche, una questione di legittimita' costituzionale sollevata nel corso di un giudizio di impugnazione possa essere rilevante e' necessario che alle sue sorti sia legata quella di un determinato motivo di impugnazione, sicche' l'accoglimento della relativa eccezione (e quindi la pronunzia di illegittimita' da parte della Corte costituzionale) si risolva nella fondatezza del correlato motivo di gravame (cosi' Sez. I n. 4391 del 22 ottobre 1993, ric. ...). Nel caso in esame l'eventuale accoglimento del dubbio di costituzionalita' porterebbe alla riemersione (in assenza di ermeneusi obbligata) di orientamenti interpretativi tesi ad affermare la inapplicabilita' al settore delle confische penali della disciplina sui termini di proposizione della domanda di cui ai commi 199 e 205 della legge n. 228 del 2012, con - possibile - diverso esito del proposto ricorso. In altre parole, e' esatto ritenere che l'intervento legislativo del 2017 ha del tutto parificato - anche in rapporto alle disposizioni in rito contenute nei commi da 194 a 206 dell'art. 1, legge n. 228 del 2012 - la disciplina della tutela del credito inciso da statuizioni ablatorie nelle ipotesi di confisca emessa in sede di prevenzione ed in quelle di confisca cd. estesa (attuale art. 240 bis cod.pen. ) emessa in sede penale. Tale parificazione delle forme di esercizio della tutela e' stata realizzata anche in riferimento alla particolare disciplina dei termini di decadenza per la introduzione delle domande, di cui ai commi 199 (per le statuizioni di confisca gia' definitive al 1° gennaio 2013) e 205 (per le statuizioni di confisca divenute irrevocabili dal 1° gennaio 2013 in avanti). La natura di disposizione di interpretazione autentica dell'art. 37, comma 1, legge n. 161 del 2017 - espressamente richiamata nella rubrica - rende infatti applicabili le disposizioni di cui sopra a far data dal 1° gennaio 2013 (data di vigenza della legge n. 228 del 2012). Puo' dunque affrontarsi il tema della non manifesta infondatezza del dubbio di legittimita' costituzionale. 4. Vanno premesse alcune considerazioni circa i limiti ontologici - individuati dalla giurisprudenza costituzionale - all'esercizio del potere legislativo li' dove venga introdotta una disposizione di «interpretazione autentica». Da ultimo, con sentenza n. 133 del 2020 la Corte costituzionale ha ribadito che la funzione legislativa puo' esprimersi, ad opera del legislatore statale o regionale, anche con disposizioni interpretative, selezionando un significato normativo di una precedente disposizione, quella interpretata, la quale sia originariamente connotata da un certo tasso di polisemia e quindi sia potenzialmente suscettibile di esprimere piu' significati secondo gli ordinari criteri di interpretazione della legge. La norma che risulta dalla saldatura della disposizione interpretativa con quella interpretata ha quel contenuto fin dall'origine e in questo senso puo' dirsi retroattiva. Il legislatore puo' infatti adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni, anche in mancanza di contrasti giurisprudenziali, purche' la scelta «imposta» dalla legge interpretativa rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario. In particolare va rilevato che in detta decisione si e' ribadito, da parte del giudice delle leggi che [...] la disposizione di interpretazione autentica e' quella che, qualificata formalmente tale dallo stesso legislatore, esprime, anche nella sostanza, un significato appartenente a quelli riconducibili alla previsione interpretata secondo gli ordinari criteri dell'interpretazione della legge. Si crea cosi' un rapporto duale tra le disposizioni, tale che il sopravvenire della norma interpretativa non fa venir meno, ne' sostituisce, la disposizione interpretata, ma l'una e l'altra si saldano dando luogo ad un precetto normativo unitario [..]. La verifica di corretto esercizio di simile - particolare - potere di intervento legislativo risiede, essenzialmente, nel rispetto del generale criterio di ragionevolezza, vista la necessita' di rispettare i principi di prevedibilita' e chiarezza dei contenuti precettivi. Occorre dunque che [...] la scelta «imposta» dalla legge interpretativa rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario [...]. Ove cio' non accada, la disposizione si espone ad apprezzamento di incostituzionalita', strettamente dipendente dalla sua dimensione «naturale» di retroattivita', con attribuzione autoritativa di un significato non prevedibile ai contenuti della disposizione interpretata: [...] La circostanza che una disposizione, a dispetto della propria auto-qualificazione, non abbia in realta' natura interpretativa puo' essere sintomo dell'uso improprio della funzione legislativa di interpretazione autentica, ma non la rende per cio' solo costituzionalmente illegittima, bensi' incide sull'ampiezza del sindacato che la Corte deve effettuare sulla norma in ragione della sua retroattivita'. Come ha di recente sottolineato questa Corte, con riferimento alle norme che pretendono di avere natura meramente interpretativa, la erroneita' di tale auto-qualificazione puo' costituire un indice, sia pure non dirimente, della loro irragionevolezza quanto alla retroattivita' del novum da esse introdotto nel contesto del bilanciamento di valori sotteso al giudizio di costituzionalita' che abbia ad oggetto norme retroattive. Si e' infatti affermato che se i valori costituzionali in gioco sono quelli dell'affidamento dei consociati e della certezza dei rapporti giuridici, e' di tutta evidenza che l'esegesi imposta dal legislatore, assegnando alle disposizioni interpretate un significato in esse gia' contenuto, riconoscibile come una delle loro possibili varianti di senso, influisce sul positivo apprezzamento sia della sua ragionevolezza sia della non configurabilita' di una lesione dell'affidamento dei destinatari [...] (cosi' la citata decisione n. 133 del 2020 al paragrafo 5.3). In tal senso, e' stato ulteriormente chiarito l'ambito del controllo di costituzionalita' delle disposizioni di interpretazione autentica, cosi' descritto - tra le altre - dal precedente rappresentato da Corte cost. n. 155 del 1990, secondo cui: [...] in conformita' ad una costante giurisprudenza (cfr. da ultimo la sent. n. 233 del 1988), va riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo e' espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il significato), le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente [...]. 5. Nel particolare ambito in cui si cala la disposizione qui in rilievo (art. 37, comma 1, legge n. 161 del 2017) occorre pertanto ricostruire la evoluzione «storica» del sistema di tutela delle posizioni creditorie incise da decisioni di confisca emesse in procedimenti di prevenzione patrimoniale (decreto legislativo n. 159 del 2011) o da decisioni emesse in sede penale (con particolare riferimento alla ipotesi di confisca cd. estesa, attualmente disciolinata dall'art. 240-bis cod.pen., gia' revista dall'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992). Occorre, altresi', individuare l'ambito specifico della questione di diritto rilevante, rappresentato dalla disciplina procedimentale delle domande del creditore richiedente tutela, con estensione alle procedure di confisca emesse in sede penale di una specifica ipotesi di decadenza contenuta nei commi 199 e 205 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. Non e' irrilevante, infatti, sottolineare l'ambito applicativo della disposizione di interesse (art. 37, comma 1, legge n. 161 del 2017), posto che trattandosi di disciplina legale avente ad oggetto - almeno in parte - i termini di decadenza per l'esercizio di un diritto in sede giurisdizionale (tutela del credito) cio' rafforza l'ordinario aspetto di possibile violazione dell'affidamento riposto dai consociati (in ragione dei significati attribuiti dalla giurisprudenza alla disposizione primaria), li' dove la disposizione di interpretazione autentica «estragga» un significato non prevedibile e lo riporti indietro nel tempo alla vigenza della disposizione interpretata. 5.1 Secondo il Collegio, la questione di legittimita' costituzionale non e' manifestamente infondata proprio in rapporto alla «imprevedibilita'» dei contenuti della disposizione di interpretazione autentica, con particolare riferimento alla disciplina dei termini di decadenza dalla facolta' di introdurre la domanda di tutela del credito inciso da confisca penale (i commi 199 e 205 dell'art. 1, legge n. 228 del 2012 sono ricompresi nel richiamo di cui al comma 1 del citato art. 37 della legge n. 161 del 2017), istituto giuridico da sempre modellato sul principio di tassativita' (v. Cass. Sez. L. n. 8700 del 26 giugno 2000, che ribadisce il divieto di analogia delle disposizioni in materia di decadenza, definite di stretta interpretazione). 5.2 Occorre, in proposito, scinderei due segmenti della complessa operazione interpretativa che ha portato - nel corso del tempo - alla estensione in ambito penale del sistema normativo di tutela delle posizioni creditorie incise dalla confisca in sede di prevenzione. La scissione riguarda, in fatti, l'an e il quomodo della «gemmazione» di tutela accordata ai portatori del diritto di credito inciso dalla confisca penale, aspetti che gli interventi giurisprudenziali (cui ha fatto seguito la produzione legislativa) hanno sempre tenuto distinti. 5.2 Come e' noto, la formalizzazione legislativa di un sistema di tutela dei diritti di credito incisi dalla confisca (diretta proiezione del principio di tutela dell'affidamento nelle relazioni commerciali) si e' realizzata con l'intervento legislativo di attuazione della legge delega n. 136 del 13 agosto 2010, denominata Piano straordinario contro le mafie, nonche' delega al Governo in tema di normativa antimafia. Consapevole delle criticita' emerse - in caso di confisca dei beni - in punto di sacrificio imposto ai portatori - in buona fede - di un diritto di credito correlato alla persona o alle attivita' imprenditoriali ricollegabili al soggetto portatore di pericolosita', il legislatore delegato del 2010 ha previsto, all'art. 1, comma 3, lettera f) i principi e criteri direttivi che appare opportuno richiamare: f) disciplinare la materia dei rapporti dei terzi con il procedimento di prevenzione, prevedendo: 1) la disciplina delle azioni esecutive intraprese dai terzi su beni sottoposti a sequestro di prevenzione, stabilendo tra l'altro il principio secondo cui esse non possono comunque essere iniziate o proseguite dopo l'esecuzione del sequestro, fatta salva la tutela dei creditori in buona fede; 2) la disciplina dei rapporti pendenti all'epoca dell'esecuzione del sequestro, stabilendo tra l'altro il principio che l'esecuzione dei relativi contratti rimane sospesa fino a quando, entro il termine stabilito dalla legge e, comunque, non oltre novanta giorni, l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto; 3) una specifica tutela giurisdizionale dei diritti dei terzi sui beni oggetto di sequestro e confisca di prevenzione; e in particolare: 3.1) che i titolari di diritti di proprieta' e di diritti reali o personali di godimento sui beni oggetto di sequestro di prevenzione siano chiamati nel procedimento di prevenzione entro trenta giorni dalla data di esecuzione del sequestro per svolgere le proprie deduzioni; che dopo la confisca, salvo il caso in cui dall'estinzione derivi un pregiudizio irreparabile, i diritti reali o personali di godimento sui beni confiscati si estinguano e che all'estinzione consegua il diritto alla corresponsione di un equo indennizzo; 3.2) che i titolari di diritti di credito aventi data certa anteriore al sequestro debbano, a pena di decadenza, insinuare il proprio credito nel procedimento entro un termine da stabilire, comunque non inferiore a sessanta giorni dalla data in cui la confisca e' divenuta definitiva, salva la possibilita' di insinuazioni tardive in caso di ritardo incolpevole; 3.3) il principio della previa escussione del patrimonio residuo del sottoposto, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni confiscati, nonche' il principio del limite della garanzia patrimoniale, costituito dal 70 per cento del valore dei beni sequestrati, al netto delle spese del procedimento; 3.4) che il credito non sia simulato o in altro modo strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego; 3.5) un procedimento di verifica dei crediti in contraddittorio, che preveda l'ammissione dei crediti regolarmente insinuati e la formazione di un progetto di pagamento degli stessi da parte dell'amministratore giudiziario; 3.6) la revocazione dell'ammissione del credito quando emerga che essa e' stata determinata da falsita', dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi. La traduzione dei principi e dei criteri suddetti, realizzata nel testo degli articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011, da un lato ha consentito di stabilizzare precedenti arresti giurisprudenziali (tra cui, per tutti, Sez. Un. 9 del 1999 ric. ...) elevando i principi si diritto ivi esposti a sistema normativo organico, dall'altro ha posto le basi per una progressiva espansione del sistema di tutela ad ambiti - penalistici - correlati, primo fra tutti quello della confisca cd. estesa (attuale art. 240-bis codice penale ), trattandosi di istituto che pur mantenendo la natura di misura di sicurezza atipica presenta consistenti analogie strutturali e funzionali con la confisca/misura di prevenzione (v. per tutte Corte cost. n. 33 del 2018). 6. Occorre tuttavia rievocare le modalita' - inizialmente solo interpretative - con cui si e' verificata la estensione della tutela giurisdizionale (dalla prevenzione ad alcune tipologie di confische penali), partendo da una considerazione preliminare. 6.1 L'intera disciplina degli articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011 (criterio della buona fede, suoi indicatori e modalita' di accertamento del credito innanzi al giudice della prevenzione), per effetto della regolamentazione transitoria adottata nel corpo dell'art. 117, comma 1 del medesimo decreto legislativo e' stata resa immediatamente applicabile ai soli procedimenti di prevenzione aventi proposta applicativa posteriore al 13 ottobre 2011 (data di vigenza del decreto legislativo de quo). Da tale assetto e' derivata la necessita' di un «ritaglio» di simile disciplina di tutela dei terzi - sempre nel procedimento di prevenzione - allo scopo di regolamentare il conflitto tra devoluzione dei beni all'Erario e pretese di terzi creditori (assistiti o meno da garanzia) nei procedimenti di prevenzione pendenti ed in quelli gia' definiti. Detta esigenza ha trovato sensibilita' legislativa ed e' stata «tradotta» in alcune disposizioni della legge di stabilita' n. 228 del 2012, proprio con la introduzione di regole di diritto sostanziale e regole procedurali (ai commi 194/206) da applicarsi ai procedimenti di prevenzione patrimoniale esclusi (ai sensi dell'art. 117, comma 1) dalla vigenza del nuovo corpus normativo. Si e' trattato in altre parole, come e' stato precisato in numerosi arresti interpretativi di legittimita', di una «disciplina transitoria avversa» mirata a trasportare le regole giuridiche espresse negli articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011 a situazioni procedimentali, in sede di prevenzione patrimoniale, che sarebbero, altrimenti, rimaste «non regolate» dalla disciplina appena varata. La applicabilita' ai soli procedimenti di prevenzione di tale «segmento» della legge di stabilita' del 2012, oltre a derivare dalla descritta ratio legis trova conferma nel criterio di interpretazione letterale (tanto al comma 194 che al comma 198 si compie espresso ed unico riferimento ai procedimenti di prevenzione ed alle decisioni di confisca emesse in ambito di prevenzione) ed e' stata ulteriormente affermata dalla Corte costituzionale nella decisione n. 26 del 2019, li dove si e' descritto l'ambito applicativo della legge in questione: [...] 3.1. - Le questioni oggi all'esame ripropongono a questa Corte la tematica della tutela dei terzi creditori rispetto al sequestro e alla confisca di prevenzione: tematica gia' ampiamente analizzata dalla sentenza n. 94 del 2015, alla cui dettagliata ricostruzione storica conviene qui semplicemente rinviare. Basti qui rammentare che la disciplina in questa sede censurata e' stata introdotta dal legislatore successivamente all'emanazione del decreto legislativo n. 159 del 2011, che regola in modo organico le modalita' di tutela dei diritti dei terzi suscettibili di essere pregiudicati dall'esecuzione dei provvedimenti di prevenzione, con riferimento esclusivo - pero' - ai procedimenti di prevenzione avviati successivamente alla sua entrata in vigore. La disciplina di cui ai commi 194 e seguenti dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012, che in questa sede viene in considerazione, e' stata dunque adottata al fine di regolare la tutela dei diritti dei terzi in relazione a tutti i procedimenti ai quali ancora non si applica, ratione temporis, il predetto decreto legislativo n. 159 del 2011. Con la citata sentenza n. 94 del 2015, la disposizione oggi all'esame - l'art. 1, comma 198, della legge n. 228 del 2012 - era gia' stata dichiarata costituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 36 Cost., «nella parte in cui non include tra i creditori che sono soddisfatti nei limiti e con le modalita' ivi indicati anche i titolari di crediti da lavoro subordinato». Questa Corte aveva in effetti ritenuto che la disposizione censurata, escludendo i crediti da lavoro da ogni possibilita' di soddisfazione sui beni confiscati del debitore, comportasse un radicale e irreparabile sacrificio dell'interesse dei lavoratori, non giustificato dall'esigenza di assicurare la tutela del contrapposto interesse sotteso alle misure patrimoniali, ricollegabile a esigenze di ordine e sicurezza pubblica, pure anch'esse - in astratto - costituzionalmente rilevanti. E cio', in particolare, «nell'ipotesi di confisca "totalizzante'', la quale investa, cioe' [...] l'intero patrimonio del datore di lavoro [...]. In simili evenienze, il lavoratore perde, in pratica, ogni prospettiva di ottenere il pagamento dei propri crediti tanto dal debitore (che non ha piu' mezzi), quanto dallo Stato, cui sono devoluti i beni confiscati». In quell'occasione, la Corte aveva altresi' rilevato che «[l]a disciplina censurata non puo' essere [...] giustificata in una prospettiva di bilanciamento con l'interesse sotteso alle misure di prevenzione patrimoniali, ricollegabile ad esigenze di ordine e sicurezza pubblica anch'esse costituzionalmente rilevanti. Nella specie, in effetti, non di bilanciamento si tratta, "ma di un sacrificio puro e semplice" dell'interesse contrapposto (sentenza n. 317 del 2009)»; aggiungendo che «[i]l bilanciamento - come detto - e' quello espresso, nell'ambito della normativa "a regime", dalle previsioni limitative recate dall'art. 52 del decreto legislativo n. 159 del 2011, volte ad impedire che la tutela si estenda a soggetti lato sensu "conniventi" con l'attivita' illecita del proposto o di reimpiego dei suoi proventi, o a crediti simulati o artificiosamente creati, ovvero ancora a casi nei quali e' possibile aggredire utilmente il residuo patrimonio del debitore: previsioni peraltro valevoli - in virtu' dello specifico richiamo operato dall'art. 1, comma 200, primo periodo, della legge n. 228 del 2012 (da ritenere comprensivo del requisito della certa anteriorita' del credito rispetto al sequestro) - anche nell'ambito della disciplina transitoria relativa ai procedimenti di prevenzione pendenti, che qui interessa». Analoghe considerazioni possono peraltro ripetersi, sotto il diverso angolo visuale dell'art. 3 Cost. che qui viene in considerazione, per la generalita' dei crediti non compresi nell'elenco tassativo contenuto nella disposizione censurata, e diversi da quelli aventi origine in un contratto di lavoro subordinato, ai quali unicamente fa riferimento la sentenza n. 94 del 2015. Non sussiste, infatti, alcuna ragione plausibile per sancire l'irreparabile sacrificio dei diritti della generalita' dei creditori di buona fede, a fronte di provvedimenti di sequestro o di confisca che abbiano attinto il loro debitore; ne' di discriminare la loro posizione rispetto a quelle sole oggi salvaguardate dalla disposizione censurata ... [...]. Dunque anche gli interventi ampliativi della tutela, realizzati per effetto di decisioni di parziale illegittimita' costituzionale, nel corso del tempo (sentenza n. 94 del 2015 e n. 26 del 2019), hanno premesso che l'ambito in cui si e' mosso il legislatore del 2012 era un ambito «necessitato», in sede di prevenzione, dalla limitazione alla diretta applicazione degli articoli 52 e seguenti, derivante dal testo dell'art. 117 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011. In tale contesto - le confische di prevenzione escluse dalla nuova disciplina - hanno trovato pacifica applicazione ab initio (dal 1° gennaio del 2013) anche le particolari disposizioni dei commi 199 e 205 dell'art. 1, legge n. 228 del 2012, introduttive di particolari termini di decadenza per la proposizione della domanda di tutela ancorati alla entrata in vigore della legge o alla sopravvenuta definitivita' della decisione di confisca (con diversita' della disciplina rispetto a quella ordinaria, posto che l'originario testo dell'articolo 57 del decreto legislativo n. 159 prevedeva l'assegnazione di un termine di novanta giorni con provvedimento del giudice delegato, con possibile estensione temporale - in caso di domanda tardiva - ad un anno dalla definitivita' della decisione di confisca nel caso previsto dall'art. 58, comma 5 del medesimo decreto legislativo). 4. Gia' da tale premessa storica emerge che la interpretazione letterale e finalistica delle disposizioni della legge di stabilita' del 2012 (ai commi 194/206) esclude in modo palese la applicazione di dette regole a procedure di confisca derivanti da giudizi penali (come invece si afferma nella disposizione di interpretazione autentica introdotta nel 2017). Questo e' un primo - rilevante - indicatore di irragionevolezza di una disposizione di interpretazione autentica, emanata a distanza di quasi cinque anni dall'intervento cui pretende di accedere, tesa a dichiarare applicabili alla confisca estesa penale le regole sostanziali e procedurali in esame. 4.1 Ma simile conclusione e' - a parere del Collegio - ulteriormente rafforzata dall'esame delle principali decisioni emesse in sede di legittimita' che hanno realizzato, gia' a partire dall'anno 2014, la estensione dell'an della tutela del credito, dalla disciplina della prevenzione all'istituto della confisca estesa. Si tratta, in particolare, di un filone interpretativo basato su una «diversa» disposizione contenuta nella medesima legge di stabilita' del 2012, rappresentata dal comma 190 dell'art. 1. Con tale comma e' stato riformulato il testo del comma 4-bis dell'allora vigente articolo 12-sexies, decreto-legge n. 306 del 1992, ed inserito il riferimento alla applicabilita' (immediata) in procedure di confisca penale di simile «classe», delle disposizioni «in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previste dal decreto legislativo n. 159 del 2011». 4.2 Secondo una parte della giurisprudenza di legittimita', il novum rappresentato dal duplice riferimento alla amministrazione e destinazione dei beni consentiva, in via interpretativa, di includere le disposizioni dettate in tema di tutela del credito inciso dalla confisca (art. 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011) tra quelle immediatamente applicabili alla confisca estesa penale. Detto filone interpretativo risulta inaugurato da Cass. Sez. I n. 26527 del 20 maggio 2014 ric. Italfondiario (rv 259331), secondo cui la normativa prevista per i sequestri e le confische di prevenzione dal titolo IV del decreto legislativo n. 159 del 2011 (cosiddetto «codice antimafia») in tema di tutela dei terzi e di rapporti con le procedure concorsuali, si applica anche ai sequestri e alle confische penali ex art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, che siano state disposte a far data dall'entrata in vigore dell'art. 1, comma 190, della legge n. 228 del 2012 Nella motivazione di detto arresto, che appare opportuno riportare per stralcio, si evidenzia che [...] va infatti esaminata con particolare profondita' la previsione di legge contenuta nell'art. 1, comma 190 della legge di stabilita' (n. 228 del 2012) e ne vanno ricostruite tutte le ricadute. Le opzioni negatorie, infatti, risultano basate sul contenuto letterale del «rinvio» (amministrazione e destinazione dei beni) li' dove le norme in tema di tutela dei terzi (art. 52 e seguenti) risultano contenute in un autonomo titolo del libro primo del decreto legislativo n. 159 del 2011 (cosi', a pag. 12 della motivazione, Sez. II n. 10471 del 17 febbraio 2014). Va pero' osservato che con tale disposizione (comma 190, art. 1, legge n. 228/2012), il legislatore prevede l'applicabilita' alle ipotesi di sequestro e confisca ex art. 12-sexies delle disposizioni in materia di «amministrazione» e «destinazione» dei beni sequestrati e confiscati previste dal decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011, senza indicare i singoli articoli applicabili (modificando, dunque, la tecnica di rinvio adottata, da ultimo, con legge n. 94 del 2009).Dunque la volonta' espressa e' quella di rendere applicabili tutte le norme dettate nel 2011 (codice antimafia) in tema di amministrazione e destinazione dei beni, ricomprendenti tanto la fase del sequestro che quella della confisca. Tra queste risultano comprese le norme dettate in punto di tutela dei terzi (art. 52 e ss.) sia per alcune considerazioni di' ordine logico che per la «presa d'atto» sistematica dei rinvii tra le norme espressamente richiamate. Va infatti osservato, gia' sul piano logico che i concetti di amministrazione e destinazione (specie il secondo) implicano la soluzione in fatto e in diritto di tutte le questioni relative alla esistenza di pretese creditorie di terzi su beni assoggettati a confisca. Non si puo' operare la destinazione dei beni (nei modi e per le finalita' di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011) se non si ottiene una previa valutazione giudiziale circa la pretesa vantata da un soggetto terzo sul bene confiscato, tesa a ridurre (in ipotesi) il valore della confisca. Ma, anche sul piano sistematico, la lettura delle norme richiamate e la loro concreta interrelazione rassicura ampiamente circa l'effetto determinato dal legislatore e rappresentato dalla applicabilita' anche delle disposizioni in tema di tutela dei terzi. Va infatti osservato che: il titolo III del libro primo del decreto legislativo n. 159 del 2011 contiene le norme in tema di amministrazione, gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati; il titolo IV del medesimo libro primo e' dedicato alla tutela dei terzi e ai rapporti con le procedure concorsuali. Cio' solo in apparenza rende le norme in punto di tutela dei terzi un corpus autonomo e slegato dal resto della disciplina (il che giustificherebbe l'interpretazione riduttiva). Le interrelazioni ed i richiami espressi tra norme sano, invece, costanti (come la logica impone) e portano alla convalida della opzione includente. Cio' a partire da quanto prevede l'art. 45, norma che apre il capo sulla «destinazione» dei beni confiscati (della cui applicabilita' alle procedure ex art. 12-sexies in forza del rinvio sin qui illustrato non puo' minimamente dubitarsi) e che testualmente recita: a seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. La tutela dei diritti dei terzi e' garantita entro i limiti e con le forme di cui al titolo IV. Dunque l'intero titolo IV - e le norme in esso contenute - risultano espressamente richiamate dalla norma fondamentale (in quanto svela l'opzione di fondo) in punto di «destinazione» che, come si diceva, e' attivita' che implica la previa risoluzione delle questioni creditorie. Ma anche in tema di gestione, e' evidente che nel determinare le modalita' della stessa e nel compiere i relativi atti gia' vengono concretamente in rilievo i temi qui evocati (analisi e tutela di posizioni creditorie pregresse) come risulta dalla disciplina dettata negli articoli 40 e 41 (ove si prevede espressamente al comma 5 l'applicabilita' di altra previsione contenuta nel titolo IV, quale e' l'art. 63 per le ipotesi di insolvenza). Anche la verifica dei contenuti delle norme oggetto di richiamo (titolo IV e tutela dei diritti dei terzi) lascia cogliere la piena sovrapposizione funzionale tra le attivita' qui descritte, nelle diverse fasi del procedimento gestionale, come e' dimostrato dal fatto che le attivita' di verifica dei crediti possono essere collocate, ai sensi dell'art. 57, comma 2, anche prima della confisca. Pertanto, una prima conclusione puo' essere tratta dall'analisi sin qui realizzata, in cio' superandosi il dubbio di costituzionalita' posto dal ricorrente: le norme dettate dal legislatore nel decreto legislativo n. 159 del 2011 in punto di tutela dei diritti dei terzi creditori vanno ritenute - in quanto tali - applicabili anche all'ipotesi di confisca emessa ai sensi dell'art. 12-sexies in un procedimento penale, quantomeno a far data dalla entrata in vigore dell'art. 1, comma 190 della legge n. 228 del 2012, da ritenersi norma regolatrice della fattispecie. [...]. Dunque risulta evidente che la disposizione che rendeva applicabili le disposizioni - in via diretta - del codice antimafia ai sequestri e confische penali e' rappresentata dalla variazione del testo del medesimo articolo 12-sexies, contenuta nel comma 190 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. Sempre nel medesimo arresto (posteriormente ripreso e condiviso, tra le altre, da Sez. I n. 15533 del 27 ottobre 2017, dep. 2018, rv 272626; Sez. I n. 9757 del 13 dicembre 2016, dep. 2017, rv 269420; Sez. I n. 9758 del 13 dicembre 2016, rv 269278; Sez. I n. 21 del 19 settembre 2014, dep. 2015, rv 261712; Sez. I n. 12362 del 15 febbraio 2016; Sez. I n. 11889 del 1° febbraio 2017; Sez. I n. 9577 del 7 febbraio 2017; Sez. I n. 26379 del 7 febbraio 2017) si precisava che nessun rilievo poteva essere attribuito ai posteriori contenuti della legge di stabilita' del 2012 (commi 194/206 del medesimo articolo 1), dettati esclusivamente per la confisca di prevenzione: [...] Questione correlata solo in apparenza e' quella dell'ambito applicativo delle previsioni «integrative» che il legislatore, nella residua parte dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 dedica alle ipotesi di rapporti pendenti in sede di prevenzione patrimoniale. A ben vedere, le disposizioni dei commi 194 e seguenti di tale art. 1 muovono dalla necessita' di rendere immediatamente applicabili alcune delle nuove disposizioni emanate nel codice antimafia (in tema di tutela dei diritti dei terzi) ai procedimenti in corso e ai provvedimenti di confisca di prevenzione divenuti definitivi prima della entrata in vigore non gia' del decreto legislativo n. 159 del 2011 ma dei contenuti di detta legge. La questione, infatti, e' tutta interna alla materia della prevenzione (e cio' giustifica i riferimenti terminologici contenuti nelle disposizioni ed ha alimentato l'opzione negatoria di cui sopra) per l'essenziale ragione rappresentata dalle modalita' di formulazione della specifica disciplina transitoria del decreto legislativo n. 159 del 2011 (l'art. 117, in forza del quale l'intero contenuto del libro I in tema di misure di prevenzione trova applicazione solo dove la proposta applicativa sia stata depositata dopo il 13 ottobre 2011). Per tale fondamentale ragione il legislatore del 2012 ha ritenuto necessaria l'emanazione - qui esclusivamente per il settore della prevenzione - di una sorta di disciplina transitoria «avversa», tesa a rendere applicabili - nei modi regolamentati dai commi 194 e seguenti - le nuove norme in tema di tutela dei terzi ai procedimenti di prevenzione gia' definiti o che proseguono - in virtu' del contenuto dell'art. 117 - con le regole anteriormente vigenti (legge n. 575 del 1965, legge n. 1423 del 1956). Ma tale disciplina transitoria «speciale» non viene richiamata a proposito dei procedimenti penali con confisca disposta ex art. 12-sexies in quanto non necessaria, proprio in forza delle modalita' del rinvio contenuto nel comma 190 del medesimo art. 1, legge n. 228 del 2012. Le disposizioni in tema di «amministrazione e destinazione» contenute nel decreto legislativo n. 159 del 2011 sono infatti richiamate «in quanto tali» (e non in quanto applicabili) e la norma contenuta in detto comma 190 e' destinata a calarsi non gia' nel procedimento di prevenzione (nel cui ambito sarebbe vigente il limite dell'art. 117, opportunamente rimosso) ma nel procedimento penale, ove nessuna norma transitoria espressa risulta prevista. Pertanto tali disposizioni (art. 52 e seguenti decreto legislativo n. 159) risultano immediatamente applicabili, nel procedimento penale interessato, secondo gli ordinari criteri di successione delle leggi nel tempo. E' evidente, sul punto, che nel procedimento penale viene in rilievo l'ipotesi di tutela del terzo creditore esclusivamente in sede esecutiva, posto che la tipologia di domanda ammissibile (sul punto si concorda pienamente con quanto deciso, nella prima parte, da Sez. II n. 10471 del 12 febbraio 2014, gia' richiamata, ovi si escludono forme di tutela anticipata del terzo creditore) non e' certo parificabile ad una istanza di revoca del provvedimento di sequestro. Ma in ipotesi di procedimento definito, come del resto la giurisprudenza di questa Corte ha sempre ritenuto indispensabile (a partire da Sez. U. n. 9 del 28 aprile 1999) il giudice dell'esecuzione non puo' esimersi dal compiere la verifica del presupposto della buona fede dell'istante, oggi espressamente tipizzato nell'art. 52 e seguenti decreto legislativo n. 159 del 2011 e ai fini di cui all'art. 53 dello stesso [..]. La distinzione, pertanto tra l'an della tutela (con estensione delle disposizioni degli art. 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011 alle procedure penali di confisca estesa) e' stata - nella giurisprudenza di legittimita' - sempre tenuta distinta da quella relativa al quomodo della tutela, dichiarandosi espressamente inapplicabili al giudizio penale proprio i commi da 194 a 206 della legge del 2012 (dettati per il solo giudizio di prevenzione). Cio' perche' la tecnica del rinvio «diretto» tra le varie disposizioni (con evocazione della disciplina «a regime» del codice antimafia nel corpo dell'art. 12-sexies) rendeva autosufficiente il sistema di tutela in ambito penale, sulla base dei principi generali della successione di leggi nel tempo, senza necessita' alcuna di attingere alla disciplina transitoria particolare espressa, per il solo procedimento di prevenzione, dai commi 194 e seguenti della legge n. 228 del 2012 (le decisioni in parola propendono, quanto ai tempi della proposizione della relativa domanda, per la diretta applicabilita' della disciplina di cui agli artt. 57 e 58 del decreto legislativo n. 159 del 2011, nella misura ampia di un anno dalla irrevocabilita' o, in alternativa, ritengono applicabili i soli termini di prescrizione del sottostante diritto di credito). 4.3 Il contrasto giurisprudenziale posteriore non ha per nulla riguardato simile aspetto (il quomodo della tutela e dunque l'applicazione delle disposizioni in rito della legge di stabilita' del 2012) ma esclusivamente la correttezza o meno dell'an, ossia il riconoscimento delta avvenuta estensione della tutela in ambito penale - confisca estesa o comunque in procedimenti penali di criminalita' organizzata - dei contenuti delle disposizioni degli articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011, in forza della modifica al testo dell'art. 12-sexies adottata con il comma 190 dell'art. 1, legge di stabilita' 2012 (sulla ipotesi della mancata estensione si sono espresse, tra le decisioni oggetto di massimazione, Sez. III n. 2351 dell'11 luglio 2018, rv 275462; Sez. IV n. 36092 del 6 luglio 2017, rv 270805; Sez. V n. 8935 del 20 gennaio 2016, rv 266077). E' appena il caso di rilevare, sul tema qui in trattazione, che le decisioni tese a negare - tra il 2012 e il 2017 - l'applicabilita' delle disposizioni in tema di tutela dei terzi contenute nel codice antimafia alla confisca estesa penale a maggior ragione negavano l'applicabilita' a tali procedure delle disposizioni in rito della legge di stabilita' del 2012, compiendo riferimento alla possibilita' di tutela del solo creditore pignoratizio o ipotecario mediante incidente di esecuzione (senza alcun riferimento a termini di decadenza per la proposizione della domanda, contenuti nei commi 199 e 205 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012). 4.4 E' in simile scenario interpretativo di legittimita' -qui sinteticamente rievocato - che va calato l'intervento legislativo adottato con legge n. 161 del 2017. Il legislatore, all'articolo 31 della legge risolve, in via definitiva, il segnalato contrasto di giurisprudenza sulla estensione dell'an della tutela tra confisca di prevenzione e confisca estesa, attraverso una nuova ri-formulazione del testo dell'art. 12-sexies, decreto-legge n. 306 del 1992, espressamente includendo nel rinvio (al comma 4-bis) le disposizioni in tema di «tutela dei terzi» di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011. Si tratta di una disposizione che recepisce l'orientamento interpretativo gia' affermatosi a partire da Cass. Sez. I n. 26527 del 20 maggio 2014 ric. Italfondiario, in precedenza citata (e che solo per il diverso orientamento interpretativo introduce un novum) ed eleva definitivamente ad unitarieta' la disciplina del trattamento delle posizioni creditorie incise dalle diverse tipologie di confisca qui in discussione. Quanto, invece, alla disposizione di cui all'articolo 37, espressamente definita interpretazione autentica dell'articolo 1, commi da 194 a 206 della legge n. 228 del 2012, oggetto del dubbio di legittimita' costituzionale qui esposto, si realizza - ad avviso del Collegio e per quanto sinora argomentato - la estrazione di un significato del tutto imprevedibile dalle disposizioni evocate, non trattandosi di «... un significato in esse gia' contenuto, riconoscibile come una delle loro possibili varianti di senso...» Si e' illustrato, infatti, come dette disposizioni della legge n. 228 del 2012 - contenenti limiti alla facolta' di esercizio del diritto, specie in riferimento alla previsione di termini di decadenza piu' ristretti e comunque diversi da come strutturati nella disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 159 del 2011 - sono state pacificamente ritenute applicabili, in sede nomofilattica, alle sole procedure di prevenzione escluse dalla applicazione del nuovo corpus normativo entrato in vigore il 13 ottobre del 2011, e mai alle domande di tutela del credito inciso da confisca penale. Trattandosi, anche sul piano letterale, di un significato «estraneo» ai contenuti della disposizione interpretata, tale da incidere - negandola - sulla aspettativa di tutela della posizione creditoria e dunque sul diritto di agire in giudizio, come il presente caso dimostra, il Collegio ritiene - pertanto - non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1 della legge n. 161 del 2017, per contrasto con i contenuti degli articoli 3 e 24, comma 1 della Costituzione. Ne deriva la sospensione del giudizio in corso, come da dispositivo.