LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Prima Sezione penale 
 
    composta da: 
        Carlo Zaza - Presidente; 
        Gaetano Di Giuro; 
        Raffaello Magi - relatore; 
        Francesco Aliffi; 
        Daniele Cappuccio, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi proposti da: 
        Italfondiario S.p.a.; 
        Phoenix Asset Management S.p.a. 
    avverso l'ordinanza del 6 novembre  2020  del  GIP  Tribunale  di
Bologna; 
    udita la relazione svolta dal consigliere Raffaello Magi; 
    lette le conclusioni del P.G. E. Pedicilli, che ha  concluso  per
la inammissibilita' del ricorso; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.  Il  GIP  del  Tribunale  di  Bologna,  quale  giudice   della
esecuzione penale, con decisione emessa in data 6 novembre  2020,  ha
dichiarato inammissibile per tardivita'  la  domanda  di  tutela  del
credito ipotecario inciso da confisca, introdotta in  data  8  maggio
2018 (ai sensi dell'art. 1, comma 198 e seguenti della legge  n.  228
del 2012) da Italfondiario S.p.a. 
    1.1 I fatti rievocati nella decisione sono i seguenti: 
        a) nel corso del procedimento penale svoltosi a carico di  Z.
A. per delitti correlati al traffico di sostanze stupefacenti  veniva
disposto, in data ... decreto di sequestro preventivo di un  immobile
sito in ..., meglio descritto in atti; 
        b) in epoca posteriore  alla  condanna  dell'imputato  veniva
emesso il decreto di confisca dell'immobile, con  decisione  divenuta
definitiva in data ....; 
        c) l'immobile era  gravato  da  ipoteca  iscritta  prima  del
decreto di sequestro preventivo  -  il  ...  -  in  riferimento  alla
operazione di mutuo erogato da Banca Intesa S.p.a. in  favore  di  Z.
A.; 
        d) il credito, assistito  dalla  garanzia  reale,  era  stato
ceduto «in blocco» (con cessione di ramo  di  azienda  pubblicata  in
Gazzetta Ufficiale n. ... del ...) da Banca Intesa  S.p.a.  a  Credit
Agricole Cariparma S.p.a.; 
        e) Italfondiario S.p.a. e' procuratore speciale del creditore
e, appurata l'esistenza della decisione  di  confisca,  formulava  la
domanda di ammissione al pagamento in data 8 maggio 2018. 
    1.2 Le  ragioni  giuridiche  poste  a  base  della  decisione  di
inammissibilita' della domanda sono, in sintesi, le seguenti: 
        a) la domanda di tutela del credito inciso dalla confisca, in
rapporto al momento in cui la confisca e' divenuta definitiva  (  ...
), trova la sua regolamentazione legale nella  previsione  introdotta
con legge n. 161 del 17 ottobre 2017 (vigente  dal  19  novembre  del
2017) all'articolo 37, comma 1; 
        b) con tale disposizione di interpretazione autentica, che il
GIP del Tribunale di Bologna non reputa innovativa, e' stato previsto
che «le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 194 a 206, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, si  interpretano  nel  senso  che  si
applicano  anche  con  riferimento  ai  beni  confiscati,  ai   sensi
dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno  1992  n.  356,  e
successive modificazioni,  all'esito  di  procedimenti  iscritti  nel
registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale prima
del 13 ottobre 2011. ..»; 
        c) da cio' deriva che,  trattandosi  di  confisca  posteriore
alla vigenza della legge n. 228 del 2012 (emessa ai  sensi  dell'art.
12-sexies, decreto-legge n. 356 del 1992 e successive modificazioni),
la previsione regolatrice e' quella del comma 205 della legge n.  228
del 2012,  con  individuazione  del  termine  di  proposizione  della
domanda di tutela in quello di centottanta giorni dalla definitivita'
della statuizione di confisca; 
        d) il termine e' pertanto inutilmente decorso, anche a  voler
considerare quale momento della «effettiva  conoscenza»  in  capo  al
creditore non gia' la data di definitivita' della decisione (  ...  )
ma il posteriore momento di conoscenza effettiva (che, per le ragioni
esposte nella decisione viene individuato  alla  data  del  6  luglio
2017). 
    2. Avverso detta ordinanza hanno proposto ricorso per  cassazione
- nelle forme  di  legge  -  Italfondiario  S.p.a.  e  Phoenix  Asset
Management S.p.a. 
    La legittimazione del secondo soggetto giuridico e' correlata  ad
ulteriore atto di cessione del credito  (intervenuto  nelle  more)  a
Valerie SPV, di cui Phoenix Asset Management e' procuratore speciale. 
    Il ricorso introduce due motivi. 
    2.1  Al  primo  motivo  si  deduce  erronea  applicazione   delle
disposizioni regolatrici (art. 1, comma 199 della legge  n.  228  del
2012, come interpretato ai sensi  dell'art.  37,  legge  n.  161  del
2017). 
    In   premessa   si   deduce   la   erroneita'   del   presupposto
interpretativo su cui si  fonda  la  decisione  impugnata,  dovendosi
attribuire alla disposizione dell'art. 37, legge n. 161 del 2017  una
portata  innovativa  e  non  meramente  ricognitiva   della   pretesa
interpretazione dei contenuti della legge n. 228 del 2012. 
    La applicabilita' al settore penale delle  disposizioni  in  rito
della legge n. 228 del 2012 dovrebbe,  in  tale  prospettiva,  essere
ricondotta proprio alla vigenza della legge n. 161 del 2017  (dal  19
novembre 2017) e da cio' deriverebbe la tempestivita'  della  domanda
di tutela (proposta nel termine di centottanta giorni  dalla  vigenza
dello ius novum). 
    Si sostiene, nell'atto di ricorso, simile lettura interpretativa,
che individua la voluntas legis della disciplina  di  interpretazione
autentica non in termini di conferma della «diretta applicazione» (in
ambito penale) ab initio (dal 1° gennaio 2013) della legge n. 228 del
2012, ma in termini di applicabilita' «mediata»,  ossia  a  far  data
dalla  vigenza  del  medesimo   testo   legislativo   contenente   la
particolare disposizione dell'art. 37,  dunque  a  far  data  dal  19
novembre 2017. 
    Cio' perche' sarebbe del tutto irragionevole - con ingiustificata
disparita' di trattamento tra soggetti portatori di pretese del tutto
analoghe - l'effetto retroattivo (dal 2017 al 2013)  derivante  dalla
disposizione  di  interpretazione  autentica  (nell'ottica  sostenuta
dalla decisione impugnata) che spiegherebbe effetti  preclusivi  alla
possibilita' stessa di tutela del credito, ricollegando la  decadenza
al decorso di centottanta giorni dal  passaggio  in  giudicato  della
statuizione di confisca penale, li' dove le disposizioni  processuali
della legge n. 228 del 2012 risultano dettate solo per la  disciplina
delle misure di prevenzione patrimoniali. 
    2.2 Al secondo motivo le ricorrenti deducono erronea applicazione
di legge in riferimento a quanto previsto dal comma 205  dell'art.  1
della legge n. 228 del 2012. Pur ammettendosi  la  applicabilita'  ex
tunc della disciplina dettata per  le  misure  di  prevenzione  dalla
legge n. 228 del 2012, la decisione sarebbe, in ogni caso, erronea in
ragione della ritenuta  «conoscenza  effettiva»  della  decisione  di
confisca alla data del 6 luglio 2017. 
    In tale momento, infatti, e' stata realizzata dal  creditore  una
ispezione ipotecaria, che si  reputa  non  idonea  ad  assicurare  la
conoscenza effettiva della decisione di confisca. 
    Detta conoscenza e' derivata - in tesi - solo dalla  acquisizione
di copia del provvedimento di confisca, copia rilasciata in  data  23
novembre 2017. 
    Solo tale acquisizione, secondo le ricorrenti, rendeva  possibile
la proposizione della domanda di tutela. 
    3. Con requisitoria scritta del 30  maggio  2021  il  Procuratore
generale ha concluso per la inammissibilita' del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. Ad avviso del Collegio va sollevata, di ufficio, questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 37 legge n. 161 del 2017 -  per
contrasto con gli articoli 3 e 24, comma 1 della Costituzione  -  per
le ragioni che seguono. 
    1.1  La  disposizione  di  interpretazione  autentica,  nei  suoi
contenuti precettivi, e' stata correttamente applicata dal  Tribunale
di Bologna nella decisione oggetto di impugnazione. 
    Tuttavia, proprio la impossibilita' di pervenire  ad  un  diverso
assetto ermeneutico conduce a ritenere sussistente,  per  le  ragioni
che si esporranno, il dubbio di Legittimita' costituzionale. 
    1.2 Sul tema, sostanzialmente introdotto dalla parte  privata  al
primo motivo (sia pure con  suggerimento  ermeneutico  impraticabile,
teso  ad   attribuire   portata   innovativa   ai   contenuti   della
disposizione), vanno di seguito  realizzate  talune  precisazioni  di
inquadramento giuridico, in punto di rilevanza e  di'  non  manifesta
infondatezza del dubbio di legittimita' costituzionale. 
    In tal senso, la norma di cui all'art. 23 legge n. 87  del  1953,
nella sua corrente interpretazione (tra le altre, Corte Cost.  n.  96
del 18 aprile 2012), consente al giudice procedente di provvedere  ex
officio ad integrare la prospettazione  del  dubbio  di  legittimita'
costituzionale della disciplina che andrebbe  applicata  al  caso  in
trattazione, li' dove sia ritenuta la rilevanza e  la  non  manifesta
infondatezza della questione medesima. Nel caso  in  esame  la  parte
ricorrente  ha  introdotto  censure  relative  al   contenuto   della
disposizione anche in termini di irragionevolezza e di disparita'  di
trattamento, aspetti che si ritengono fondati ma che  possono  essere
apprezzati, per le ragioni che si diranno, solo in chiave  di  dubbio
di costituzionalita'. 
    2. La declaratoria di inammissibilita' della  domanda  di  tutela
del credito e' in tutta evidenza correlata ai contenuti dell'articolo
37, comma 1 della legge n. 161 del 2017, con le  conseguenze  esposte
nella decisione impugnata. 
    2.1 Se  in  una  disposizione  di  interpretazione  autentica  si
afferma, come  nel  caso  in  esame,  che  «le  disposizioni  di  cui
all'articolo 1, commi da 194 a 206, della legge 24 dicembre 2012,  n.
228, si interpretano nel senso che si applicano anche con riferimento
ai  beni   confiscati,   ai   sensi   dell'articolo   12-sexies   del
decreto-legge 8 giugno 1992,  n.  356,  e  successive  modificazioni,
all'esito di procedimenti iscritti nel registro di  cui  all'articolo
335 del codice di procedura penale prima del  13  ottobre  2011»,  e'
evidente che l'applicazione di cui si parla  non  si  posiziona  alla
data di vigenza della norma di interpretazione autentica (19 novembre
2017) ma a quella di  vigenza  della  disciplina  richiamata  (al  1°
gennaio 2013). 
    La voluntas legis e', in  ogni  disposizione  di  interpretazione
autentica, proprio quella di  dissipare  dubbi  interpretativi  della
disciplina originaria, in tal modo rendendo «obbligatoria» una tra le
possibili letture della  medesima  sin  dal  momento  iniziale  della
vigenza della disciplina cui si opera riferimento. 
    2.1 L'intervento legislativo del 2017 impone, in altre parole, di
ritenere  -  anche  nei  giudizi  in  corso  -  che  la  disposizione
regolatrice del termine di proposizione della domanda di  tutela  (in
ambito di confisca penale divenuta irrevocabile dopo  il  1°  gennaio
del 2013) e' il comma 205 dell'art. 1 della legge  n.  228  del  2012
(dunque centottanta giorni dalla definitivita'  della  decisione  che
incorpora la confisca). 
    Quanto  alla  possibilita'  di  diversa   interpretazione   della
disposizione di cui all'art. 37, comma 1 legge n. 161  del  2017  non
puo' che farsi riferimento - per rendere chiara la assenza di  simile
opzione - ai contenuti di Sez. U n. 34472  del  19  aprile  2012  (rv
252934), secondo cui il giudice, chiamato ad applicare una  legge  di
interpretazione autentica, non puo' qualificarla  come  innovativa  e
circoscriverne  temporalmente,  in  contrasto  con  la  sua   «ratio»
ispiratrice, l'area operativa, perche'  finirebbe  in  tal  modo  per
disapplicarla, mentre l'autorita' imperativa e generale  della  legge
gli impone di adeguarvisi, il che delinea il confine in presenza  del
quale ogni diversa operazione ermeneutica deve  cedere  il  passo  al
sindacato di legittimita' costituzionale. 
    Sulla  possibile  individuazione  di  una  diversa   disposizione
regolatrice o di un diverso dies a quo del termine  decadenziale,  le
doglianze  della  parte  ricorrente  sono,  pertanto,  da   ritenersi
infondate. 
    2.2  Analoga  infondatezza  va,  preliminarmente,  dichiarata  in
riferimento ai contenuti del secondo motivo di ricorso. 
    Le Sezioni unite di questa Corte sono intervenute, con  decisione
n. 39608 del 22 febbraio 2018 (ric. ...)  a  precisare  -  quanto  al
giudizio di prevenzione - che in tema di confisca di  prevenzione  «i
creditori muniti di ipoteca iscritta sui  beni  confiscati  all'esito
dei procedimenti per il  quali  non  si  applica  la  disciplina  del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159,  devono  presentare  la
domanda di ammissione del loro  credito  al  giudice  dell'esecuzione
presso il tribunale che  ha  disposto  la  confisca  nel  termine  di
decadenza previsto dall'art. 1, comma 199, della  legge  24  dicembre
2012, n.  228,  anche  nel  caso  in  cui  non  abbiano  ricevuto  le
comunicazioni di cui all'art. 1, comma 206, della  stessa  legge,  in
quanto  il  termine  di  decadenza  decorre  indipendentemente  dalle
predette comunicazioni. L'applicazione di detto termine e', comunque,
subordinata all'effettiva conoscenza, da  parte  del  creditore,  del
procedimento di prevenzione in cui e' stata disposta  la  confisca  o
del provvedimento definitivo di confisca ed e', in ogni  caso,  fatta
salva la possibilita' per  il  creditore  di  essere  restituito  nel
termine stabilito a pena di decadenza, se prova di non averlo  potuto
osservare per causa a lui non imputabile». 
    Nel caso oggetto del presente ricorso, il Tribunale di Bologna si
e' correttamente posto il problema della «effettiva conoscenza» della
decisione di confisca del bene oggetto di garanzia  ed  in  modo  non
implausibile (e  dunque  non  rivalutabile)  ha  affermato  che  tale
conoscenza e' derivata dalla visura ipotecaria  del  6  luglio  2017,
posto che il documento in questione conteneva le  trascrizioni  tanto
del sequestro che della posteriore confisca. 
    Si tratta, pertanto di una forma di conoscenza pienamente  idonea
a determinare, in tesi, la  decorrenza  del  termine  di  centottanta
giorni di cui al comma 205 dell'art. 1, legge n. 228 del 2012. 
    3. Quanto  sinora  esposto  rende  concreto  il  parametro  della
rilevanza della questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
37, comma 1, legge n. 161 dei 2017, atteso  che  la  disposizione  in
parola,  ove  applicata,  porta  alla  valutazione  di   infondatezza
dell'atto  di  ricorso,  contrastatile  solo  attraverso  l'eventuale
accoglimento  del  dubbio  di   legittimita'   costituzionale   della
medesima. 
    3.1 Si e' piu' volte affermato, nelle lezioni  interpretative  di
questa  Corte  di  legittimita',  che  polche,   una   questione   di
legittimita' costituzionale sollevata nel corso  di  un  giudizio  di
impugnazione possa essere rilevante e' necessario che alle sue  sorti
sia legata quella di un determinato motivo di  impugnazione,  sicche'
l'accoglimento della relativa eccezione (e  quindi  la  pronunzia  di
illegittimita' da parte della Corte costituzionale) si risolva  nella
fondatezza del correlato motivo di gravame (cosi' Sez. I n. 4391  del
22 ottobre 1993, ric. ...). 
    Nel  caso  in  esame  l'eventuale  accoglimento  del  dubbio   di
costituzionalita'  porterebbe  alla  riemersione   (in   assenza   di
ermeneusi obbligata) di orientamenti interpretativi tesi ad affermare
la  inapplicabilita'  al  settore  delle   confische   penali   della
disciplina sui termini di proposizione della domanda di cui ai  commi
199 e 205 della legge n. 228 del 2012,  con  -  possibile  -  diverso
esito del proposto ricorso. In altre parole, e' esatto  ritenere  che
l'intervento legislativo del 2017 ha del tutto parificato - anche  in
rapporto alle disposizioni in rito contenute nei commi da 194  a  206
dell'art. 1, legge n. 228 del 2012 - la disciplina della  tutela  del
credito inciso da statuizioni ablatorie  nelle  ipotesi  di  confisca
emessa in sede di prevenzione ed in quelle  di  confisca  cd.  estesa
(attuale art.  240  bis  cod.pen.  )  emessa  in  sede  penale.  Tale
parificazione  delle  forme  di  esercizio  della  tutela  e'   stata
realizzata anche  in  riferimento  alla  particolare  disciplina  dei
termini di decadenza per la introduzione delle  domande,  di  cui  ai
commi 199 (per le statuizioni  di  confisca  gia'  definitive  al  1°
gennaio  2013)  e  205  (per  le  statuizioni  di  confisca  divenute
irrevocabili dal 1° gennaio 2013 in avanti). 
    La natura di disposizione di interpretazione autentica  dell'art.
37, comma 1, legge n. 161 del 2017 - espressamente  richiamata  nella
rubrica - rende infatti applicabili le disposizioni di  cui  sopra  a
far data dal 1° gennaio 2013 (data di vigenza della legge n. 228  del
2012). 
    Puo' dunque affrontarsi il tema della non manifesta  infondatezza
del dubbio di legittimita' costituzionale. 
    4. Vanno premesse alcune considerazioni circa i limiti ontologici
- individuati dalla giurisprudenza costituzionale - all'esercizio del
potere legislativo li' dove  venga  introdotta  una  disposizione  di
«interpretazione autentica». 
    Da ultimo, con sentenza n. 133 del 2020 la  Corte  costituzionale
ha ribadito che la funzione legislativa puo' esprimersi, ad opera del
legislatore   statale   o   regionale,   anche    con    disposizioni
interpretative,  selezionando  un  significato   normativo   di   una
precedente  disposizione,   quella   interpretata,   la   quale   sia
originariamente connotata da un certo tasso di polisemia e quindi sia
potenzialmente suscettibile di esprimere piu' significati secondo gli
ordinari criteri di interpretazione della legge. La norma che risulta
dalla  saldatura  della  disposizione   interpretativa   con   quella
interpretata ha quel contenuto fin dall'origine  e  in  questo  senso
puo' dirsi retroattiva. Il legislatore puo'  infatti  adottare  norme
che precisino il significato di altre disposizioni, anche in mancanza
di contrasti giurisprudenziali, purche'  la  scelta  «imposta»  dalla
legge interpretativa rientri tra le possibili varianti di  senso  del
testo originario. 
    In particolare va rilevato che in detta decisione si e' ribadito,
da parte del  giudice  delle  leggi  che  [...]  la  disposizione  di
interpretazione autentica e' quella che, qualificata formalmente tale
dallo  stesso  legislatore,  esprime,  anche   nella   sostanza,   un
significato  appartenente  a  quelli  riconducibili  alla  previsione
interpretata secondo gli ordinari criteri dell'interpretazione  della
legge. Si crea cosi' un rapporto duale tra le disposizioni, tale  che
il sopravvenire della norma interpretativa non  fa  venir  meno,  ne'
sostituisce, la disposizione interpretata,  ma  l'una  e  l'altra  si
saldano dando luogo ad un precetto normativo unitario [..]. 
    La verifica di corretto  esercizio  di  simile  -  particolare  -
potere  di  intervento  legislativo  risiede,   essenzialmente,   nel
rispetto del generale criterio di ragionevolezza, vista la necessita'
di rispettare i principi di prevedibilita' e chiarezza dei  contenuti
precettivi. Occorre dunque che [...] la scelta «imposta» dalla  legge
interpretativa rientri tra le possibili varianti di senso  del  testo
originario [...]. 
    Ove cio' non accada, la disposizione si espone  ad  apprezzamento
di incostituzionalita', strettamente dipendente dalla sua  dimensione
«naturale» di retroattivita', con  attribuzione  autoritativa  di  un
significato  non  prevedibile   ai   contenuti   della   disposizione
interpretata: [...] La circostanza che una disposizione,  a  dispetto
della  propria  auto-qualificazione,  non  abbia  in  realta'  natura
interpretativa puo' essere sintomo dell'uso improprio della  funzione
legislativa di interpretazione autentica, ma non la  rende  per  cio'
solo costituzionalmente illegittima, bensi' incide sull'ampiezza  del
sindacato che la Corte deve effettuare sulla norma in  ragione  della
sua retroattivita'. Come ha di recente sottolineato questa Corte, con
riferimento alle norme  che  pretendono  di  avere  natura  meramente
interpretativa,  la  erroneita'  di  tale  auto-qualificazione   puo'
costituire  un  indice,  sia   pure   non   dirimente,   della   loro
irragionevolezza  quanto  alla  retroattivita'  del  novum  da   esse
introdotto nel  contesto  del  bilanciamento  di  valori  sotteso  al
giudizio di costituzionalita' che abbia ad oggetto norme retroattive.
Si e' infatti affermato che se i valori costituzionali in gioco  sono
quelli dell'affidamento dei consociati e della certezza dei  rapporti
giuridici,  e'  di  tutta  evidenza   che   l'esegesi   imposta   dal
legislatore, assegnando alle disposizioni interpretate un significato
in esse gia' contenuto, riconoscibile come una delle  loro  possibili
varianti di senso, influisce sul positivo apprezzamento sia della sua
ragionevolezza  sia  della  non  configurabilita'  di   una   lesione
dell'affidamento dei destinatari [...] (cosi' la citata decisione  n.
133 del 2020 al paragrafo 5.3). 
    In tal  senso,  e'  stato  ulteriormente  chiarito  l'ambito  del
controllo di costituzionalita' delle disposizioni di  interpretazione
autentica,  cosi'  descritto  -  tra  le  altre  -   dal   precedente
rappresentato da Corte cost. n. 155 del 1990, secondo cui:  [...]  in
conformita' ad una costante giurisprudenza (cfr. da ultimo  la  sent.
n. 233 del 1988), va riconosciuto carattere  interpretativo  soltanto
ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma  interpretata,
ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia  una  tra  le
tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo
e' espresso dalla coesistenza delle due norme  (quella  precedente  e
l'altra  successiva  che  ne  esplicita  il  significato),  le  quali
rimangono entrambe in vigore e sono quindi  anche  idonee  ad  essere
modificate separatamente [...]. 
    5. Nel particolare ambito in cui si cala la disposizione  qui  in
rilievo (art. 37, comma 1, legge n. 161 del  2017)  occorre  pertanto
ricostruire la evoluzione  «storica»  del  sistema  di  tutela  delle
posizioni creditorie  incise  da  decisioni  di  confisca  emesse  in
procedimenti di prevenzione patrimoniale (decreto legislativo n.  159
del 2011) o da decisioni  emesse  in  sede  penale  (con  particolare
riferimento  alla  ipotesi  di  confisca  cd.   estesa,   attualmente
disciolinata  dall'art.  240-bis  cod.pen.,  gia'  revista  dall'art.
12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992). 
    Occorre, altresi', individuare l'ambito specifico della questione
di diritto rilevante, rappresentato dalla  disciplina  procedimentale
delle domande del creditore richiedente tutela, con  estensione  alle
procedure di confisca emesse in sede penale di una specifica  ipotesi
di decadenza contenuta nei commi 199 e 205 dell'art. 1 della legge n.
228 del 2012. 
    Non e' irrilevante, infatti,  sottolineare  l'ambito  applicativo
della disposizione di interesse (art. 37, comma 1, legge n.  161  del
2017), posto che trattandosi di disciplina legale avente ad oggetto -
almeno in parte - i  termini  di  decadenza  per  l'esercizio  di  un
diritto in sede giurisdizionale (tutela del  credito)  cio'  rafforza
l'ordinario aspetto di possibile violazione dell'affidamento  riposto
dai  consociati  (in  ragione  dei   significati   attribuiti   dalla
giurisprudenza alla disposizione primaria), li' dove la  disposizione
di  interpretazione   autentica   «estragga»   un   significato   non
prevedibile e lo  riporti  indietro  nel  tempo  alla  vigenza  della
disposizione interpretata. 
    5.1  Secondo  il   Collegio,   la   questione   di   legittimita'
costituzionale non e' manifestamente infondata  proprio  in  rapporto
alla  «imprevedibilita'»  dei   contenuti   della   disposizione   di
interpretazione   autentica,   con   particolare   riferimento   alla
disciplina dei termini di decadenza dalla facolta' di  introdurre  la
domanda di tutela del credito inciso da confisca penale (i commi  199
e 205 dell'art. 1, legge n. 228 del 2012 sono ricompresi nel richiamo
di cui al comma 1 del citato art. 37 della legge n.  161  del  2017),
istituto giuridico da sempre modellato sul principio di  tassativita'
(v. Cass. Sez. L. n. 8700  del  26  giugno  2000,  che  ribadisce  il
divieto di analogia  delle  disposizioni  in  materia  di  decadenza,
definite di stretta interpretazione). 
    5.2 Occorre, in proposito, scinderei due segmenti della complessa
operazione interpretativa che ha portato - nel corso del tempo - alla
estensione in ambito penale del sistema  normativo  di  tutela  delle
posizioni creditorie incise dalla confisca in sede di prevenzione. 
    La  scissione  riguarda,  in  fatti,  l'an  e  il  quomodo  della
«gemmazione» di tutela accordata ai portatori del diritto di  credito
inciso  dalla   confisca   penale,   aspetti   che   gli   interventi
giurisprudenziali (cui ha fatto seguito  la  produzione  legislativa)
hanno sempre tenuto distinti. 
    5.2 Come e' noto, la formalizzazione legislativa di un sistema di
tutela  dei  diritti  di  credito  incisi  dalla  confisca   (diretta
proiezione del principio di tutela dell'affidamento  nelle  relazioni
commerciali)  si  e'  realizzata  con  l'intervento  legislativo   di
attuazione della legge delega n. 136 del 13 agosto  2010,  denominata
Piano straordinario contro le mafie, nonche'  delega  al  Governo  in
tema di normativa antimafia. 
    Consapevole delle criticita' emerse - in  caso  di  confisca  dei
beni - in punto di sacrificio imposto ai portatori - in buona fede  -
di un diritto di credito correlato  alla  persona  o  alle  attivita'
imprenditoriali ricollegabili al soggetto portatore di pericolosita',
il legislatore delegato del 2010 ha previsto, all'art.  1,  comma  3,
lettera f) i  principi  e  criteri  direttivi  che  appare  opportuno
richiamare: 
      f) disciplinare la  materia  dei  rapporti  dei  terzi  con  il
procedimento di prevenzione, prevedendo: 
        1) la disciplina delle azioni esecutive intraprese dai  terzi
su beni sottoposti a sequestro di prevenzione, stabilendo tra l'altro
il principio secondo cui esse non possono comunque essere iniziate  o
proseguite dopo l'esecuzione del sequestro, fatta salva la tutela dei
creditori in buona fede; 
        2)   la   disciplina   dei   rapporti   pendenti    all'epoca
dell'esecuzione del sequestro, stabilendo tra  l'altro  il  principio
che l'esecuzione dei relativi contratti rimane sospesa fino a quando,
entro il termine stabilito dalla legge e, comunque, non oltre novanta
giorni,  l'amministratore  giudiziario,  previa  autorizzazione   del
giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in  luogo  del
proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il
contratto; 
        3) una specifica tutela giurisdizionale dei diritti dei terzi
sui beni oggetto  di  sequestro  e  confisca  di  prevenzione;  e  in
particolare: 
          3.1) che i titolari di diritti di proprieta' e  di  diritti
reali o personali di godimento  sui  beni  oggetto  di  sequestro  di
prevenzione siano chiamati  nel  procedimento  di  prevenzione  entro
trenta giorni dalla data di esecuzione del sequestro per svolgere  le
proprie deduzioni; che  dopo  la  confisca,  salvo  il  caso  in  cui
dall'estinzione derivi un pregiudizio irreparabile, i diritti reali o
personali di godimento  sui  beni  confiscati  si  estinguano  e  che
all'estinzione consegua il diritto alla  corresponsione  di  un  equo
indennizzo; 
          3.2) che i titolari di diritti di credito aventi data certa
anteriore al sequestro debbano, a pena  di  decadenza,  insinuare  il
proprio credito nel  procedimento  entro  un  termine  da  stabilire,
comunque non inferiore  a  sessanta  giorni  dalla  data  in  cui  la
confisca  e'  divenuta   definitiva,   salva   la   possibilita'   di
insinuazioni tardive in caso di ritardo incolpevole; 
          3.3) il principio della previa  escussione  del  patrimonio
residuo del sottoposto, salvo che per i crediti  assistiti  da  cause
legittime di prelazione su beni confiscati, nonche' il principio  del
limite della garanzia patrimoniale, costituito dal 70 per  cento  del
valore dei beni sequestrati, al netto delle spese del procedimento; 
          3.4) che il credito  non  sia  simulato  o  in  altro  modo
strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne  costituisce  il
frutto o il reimpiego; 
          3.5)  un  procedimento   di   verifica   dei   crediti   in
contraddittorio, che preveda l'ammissione  dei  crediti  regolarmente
insinuati e la formazione di un progetto di pagamento degli stessi da
parte dell'amministratore giudiziario; 
          3.6) la  revocazione  dell'ammissione  del  credito  quando
emerga che essa  e'  stata  determinata  da  falsita',  dolo,  errore
essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi. 
    La traduzione dei principi e dei criteri suddetti, realizzata nel
testo degli articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del
2011, da un lato ha consentito  di  stabilizzare  precedenti  arresti
giurisprudenziali (tra cui, per tutti, Sez. Un. 9 del 1999 ric.  ...)
elevando i principi  si  diritto  ivi  esposti  a  sistema  normativo
organico, dall'altro ha posto le basi per una progressiva  espansione
del sistema di tutela ad ambiti - penalistici - correlati, primo  fra
tutti quello della confisca cd. estesa (attuale art.  240-bis  codice
penale ), trattandosi di istituto che pur  mantenendo  la  natura  di
misura di sicurezza atipica presenta consistenti analogie strutturali
e funzionali con la confisca/misura  di  prevenzione  (v.  per  tutte
Corte cost. n. 33 del 2018). 
    6. Occorre tuttavia rievocare le modalita'  -  inizialmente  solo
interpretative - con cui si e' verificata la estensione della  tutela
giurisdizionale (dalla prevenzione ad alcune tipologie  di  confische
penali), partendo da una considerazione preliminare. 
    6.1 L'intera disciplina degli articoli 52 e seguenti del  decreto
legislativo  n.  159  del  2011  (criterio  della  buona  fede,  suoi
indicatori e modalita' di accertamento del credito innanzi al giudice
della prevenzione), per effetto  della  regolamentazione  transitoria
adottata nel corpo  dell'art.  117,  comma  1  del  medesimo  decreto
legislativo  e'  stata  resa  immediatamente  applicabile   ai   soli
procedimenti di prevenzione aventi proposta applicativa posteriore al
13 ottobre 2011 (data di vigenza del decreto legislativo de quo). 
    Da tale assetto e' derivata la necessita'  di  un  «ritaglio»  di
simile disciplina di tutela dei terzi - sempre  nel  procedimento  di
prevenzione  -  allo  scopo  di  regolamentare   il   conflitto   tra
devoluzione  dei  beni  all'Erario  e  pretese  di  terzi   creditori
(assistiti o  meno  da  garanzia)  nei  procedimenti  di  prevenzione
pendenti ed in quelli gia' definiti. 
    Detta esigenza ha trovato sensibilita' legislativa  ed  e'  stata
«tradotta» in alcune disposizioni della legge di  stabilita'  n.  228
del  2012,  proprio  con  la  introduzione  di  regole   di   diritto
sostanziale e regole procedurali (ai commi 194/206) da applicarsi  ai
procedimenti di prevenzione patrimoniale esclusi (ai sensi  dell'art.
117, comma 1) dalla vigenza del nuovo corpus normativo. 
    Si e' trattato in  altre  parole,  come  e'  stato  precisato  in
numerosi arresti interpretativi di legittimita', di  una  «disciplina
transitoria  avversa»  mirata  a  trasportare  le  regole  giuridiche
espresse negli articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n.  159
del  2011  a  situazioni  procedimentali,  in  sede  di   prevenzione
patrimoniale, che sarebbero, altrimenti, rimaste «non regolate» dalla
disciplina appena varata. 
    La applicabilita' ai soli procedimenti  di  prevenzione  di  tale
«segmento» della legge di stabilita' del 2012, oltre a derivare dalla
descritta ratio legis trova conferma nel criterio di  interpretazione
letterale (tanto al comma 194 che al comma 198 si compie espresso  ed
unico riferimento ai procedimenti di prevenzione ed alle decisioni di
confisca emesse in ambito di prevenzione) ed e'  stata  ulteriormente
affermata dalla Corte costituzionale nella decisione n. 26 del  2019,
li  dove  si  e'  descritto  l'ambito  applicativo  della  legge   in
questione: [...] 3.1. - Le questioni oggi  all'esame  ripropongono  a
questa Corte la tematica della tutela dei terzi creditori rispetto al
sequestro e alla confisca di prevenzione:  tematica  gia'  ampiamente
analizzata dalla sentenza  n.  94  del  2015,  alla  cui  dettagliata
ricostruzione storica conviene qui semplicemente rinviare. Basti  qui
rammentare che la  disciplina  in  questa  sede  censurata  e'  stata
introdotta dal legislatore successivamente all'emanazione del decreto
legislativo n. 159 del 2011, che regola in modo organico le modalita'
di tutela dei diritti dei terzi suscettibili di  essere  pregiudicati
dall'esecuzione dei provvedimenti  di  prevenzione,  con  riferimento
esclusivo  -  pero'  -  ai  procedimenti   di   prevenzione   avviati
successivamente alla sua entrata in vigore. La disciplina di  cui  ai
commi 194 e seguenti dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012, che  in
questa sede viene in considerazione, e' stata dunque adottata al fine
di regolare la tutela dei diritti dei terzi in relazione  a  tutti  i
procedimenti ai quali ancora non si  applica,  ratione  temporis,  il
predetto decreto legislativo n. 159 del 2011. Con la citata  sentenza
n. 94 del 2015, la disposizione oggi all'esame - l'art. 1, comma 198,
della  legge  n.  228  del  2012  -   era   gia'   stata   dichiarata
costituzionalmente illegittima, per contrasto con  l'art.  36  Cost.,
«nella parte in cui non include tra i creditori che sono  soddisfatti
nei limiti e con le  modalita'  ivi  indicati  anche  i  titolari  di
crediti  da  lavoro  subordinato».  Questa  Corte  aveva  in  effetti
ritenuto che la  disposizione  censurata,  escludendo  i  crediti  da
lavoro da ogni possibilita' di soddisfazione sui beni confiscati  del
debitore,  comportasse  un   radicale   e   irreparabile   sacrificio
dell'interesse dei  lavoratori,  non  giustificato  dall'esigenza  di
assicurare la tutela del contrapposto interesse sotteso  alle  misure
patrimoniali,  ricollegabile  a  esigenze  di  ordine   e   sicurezza
pubblica,  pure  anch'esse  -  in   astratto   -   costituzionalmente
rilevanti.  E  cio',  in  particolare,  «nell'ipotesi   di   confisca
"totalizzante'', la quale investa, cioe'  [...]  l'intero  patrimonio
del datore di lavoro [...]. In simili evenienze, il lavoratore perde,
in pratica, ogni prospettiva di  ottenere  il  pagamento  dei  propri
crediti tanto dal debitore (che non  ha  piu'  mezzi),  quanto  dallo
Stato, cui sono devoluti i beni confiscati». In  quell'occasione,  la
Corte aveva altresi' rilevato che «[l]a disciplina censurata non puo'
essere [...] giustificata in una  prospettiva  di  bilanciamento  con
l'interesse  sotteso  alle  misure   di   prevenzione   patrimoniali,
ricollegabile ad esigenze di ordine e  sicurezza  pubblica  anch'esse
costituzionalmente  rilevanti.  Nella  specie,  in  effetti,  non  di
bilanciamento si tratta,  "ma  di  un  sacrificio  puro  e  semplice"
dell'interesse contrapposto (sentenza n. 317 del 2009)»;  aggiungendo
che  «[i]l  bilanciamento  -  come  detto  -  e'   quello   espresso,
nell'ambito della normativa "a regime", dalle  previsioni  limitative
recate dall'art. 52 del decreto legislativo n. 159 del 2011, volte ad
impedire che la tutela si estenda a soggetti lato sensu  "conniventi"
con l'attivita'  illecita  del  proposto  o  di  reimpiego  dei  suoi
proventi, o a crediti  simulati  o  artificiosamente  creati,  ovvero
ancora a casi nei quali e' possibile aggredire utilmente  il  residuo
patrimonio del debitore: previsioni peraltro  valevoli  -  in  virtu'
dello specifico  richiamo  operato  dall'art.  1,  comma  200,  primo
periodo, della legge n. 228 del 2012  (da  ritenere  comprensivo  del
requisito della certa anteriorita' del credito rispetto al sequestro)
-  anche  nell'ambito  della  disciplina  transitoria   relativa   ai
procedimenti di prevenzione pendenti, che  qui  interessa».  Analoghe
considerazioni possono peraltro ripetersi, sotto  il  diverso  angolo
visuale dell'art. 3 Cost. che qui viene  in  considerazione,  per  la
generalita' dei crediti non compresi nell'elenco tassativo  contenuto
nella disposizione censurata, e diversi da quelli aventi  origine  in
un  contratto  di  lavoro  subordinato,  ai   quali   unicamente   fa
riferimento la sentenza n. 94 del 2015. Non sussiste, infatti, alcuna
ragione plausibile per sancire l'irreparabile sacrificio dei  diritti
della  generalita'  dei  creditori  di  buona  fede,  a   fronte   di
provvedimenti di sequestro o di confisca che abbiano attinto il  loro
debitore; ne' di discriminare la loro  posizione  rispetto  a  quelle
sole oggi salvaguardate dalla disposizione censurata ... [...]. 
    Dunque anche gli interventi ampliativi della  tutela,  realizzati
per effetto di decisioni di parziale  illegittimita'  costituzionale,
nel corso del tempo (sentenza n. 94 del 2015 e n. 26 del 2019), hanno
premesso che l'ambito in cui si e' mosso il legislatore del 2012  era
un ambito «necessitato», in sede di  prevenzione,  dalla  limitazione
alla diretta applicazione degli articoli 52 e seguenti, derivante dal
testo dell'art. 117 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011. 
    In tale contesto - le  confische  di  prevenzione  escluse  dalla
nuova disciplina - hanno trovato pacifica applicazione ab initio (dal
1° gennaio del 2013) anche le particolari disposizioni dei commi  199
e 205 dell'art. 1, legge n. 228 del 2012, introduttive di particolari
termini di decadenza per la  proposizione  della  domanda  di  tutela
ancorati alla entrata in  vigore  della  legge  o  alla  sopravvenuta
definitivita' della  decisione  di  confisca  (con  diversita'  della
disciplina rispetto a quella ordinaria, posto che l'originario  testo
dell'articolo  57  del   decreto   legislativo   n.   159   prevedeva
l'assegnazione di un termine di novanta giorni con provvedimento  del
giudice delegato, con possibile estensione temporale  -  in  caso  di
domanda tardiva - ad un anno dalla definitivita' della  decisione  di
confisca nel caso previsto dall'art. 58, comma 5 del medesimo decreto
legislativo). 
    4. Gia' da tale premessa storica emerge  che  la  interpretazione
letterale e finalistica delle disposizioni della legge di  stabilita'
del 2012 (ai commi 194/206) esclude in modo palese la applicazione di
dette regole a procedure di  confisca  derivanti  da  giudizi  penali
(come  invece  si  afferma  nella  disposizione  di   interpretazione
autentica introdotta nel 2017). 
    Questo e' un primo - rilevante - indicatore  di  irragionevolezza
di una disposizione di interpretazione autentica, emanata a  distanza
di quasi cinque anni dall'intervento cui pretende di accedere, tesa a
dichiarare  applicabili  alla  confisca  estesa  penale   le   regole
sostanziali e procedurali in esame. 
    4.1  Ma  simile  conclusione  e'  -  a  parere  del  Collegio   -
ulteriormente rafforzata dall'esame delle principali decisioni emesse
in  sede  di  legittimita'  che  hanno  realizzato,  gia'  a  partire
dall'anno 2014, la estensione dell'an della tutela del credito, dalla
disciplina della prevenzione all'istituto della confisca estesa. 
    Si tratta, in particolare, di un filone interpretativo basato  su
una  «diversa»  disposizione  contenuta  nella  medesima   legge   di
stabilita' del 2012, rappresentata dal comma 190 dell'art. 1. 
    Con tale comma e' stato riformulato  il  testo  del  comma  4-bis
dell'allora vigente articolo  12-sexies,  decreto-legge  n.  306  del
1992, ed inserito il riferimento alla applicabilita'  (immediata)  in
procedure di confisca penale di simile «classe»,  delle  disposizioni
«in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati  e
confiscati previste dal decreto legislativo n. 159 del 2011». 
    4.2 Secondo una parte della giurisprudenza  di  legittimita',  il
novum rappresentato dal duplice riferimento  alla  amministrazione  e
destinazione dei beni consentiva, in via interpretativa, di includere
le disposizioni dettate in tema di tutela del  credito  inciso  dalla
confisca (art. 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011)
tra quelle immediatamente applicabili alla confisca estesa penale. 
    Detto filone interpretativo risulta inaugurato da Cass. Sez. I n.
26527 del 20 maggio 2014 ric. Italfondiario (rv 259331), secondo  cui
la normativa prevista per i sequestri e le confische  di  prevenzione
dal titolo IV del decreto legislativo n.  159  del  2011  (cosiddetto
«codice antimafia») in tema di tutela dei terzi e di rapporti con  le
procedure concorsuali, si applica anche ai sequestri e alle confische
penali ex art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, che siano
state disposte a far data dall'entrata in vigore dell'art.  1,  comma
190, della legge n. 228 del 2012 Nella motivazione di detto  arresto,
che appare opportuno riportare per stralcio, si evidenzia  che  [...]
va infatti esaminata con particolare  profondita'  la  previsione  di
legge contenuta nell'art. 1, comma 190 della legge di stabilita'  (n.
228 del 2012) e ne vanno ricostruite tutte le  ricadute.  Le  opzioni
negatorie, infatti, risultano  basate  sul  contenuto  letterale  del
«rinvio» (amministrazione e destinazione dei beni) li' dove le  norme
in tema di tutela dei terzi (art. 52 e seguenti) risultano  contenute
in un autonomo titolo del libro primo del decreto legislativo n.  159
del 2011 (cosi', a pag. 12 della motivazione, Sez. II n. 10471 del 17
febbraio 2014). Va pero' osservato che con tale  disposizione  (comma
190,  art.  1,   legge   n.   228/2012),   il   legislatore   prevede
l'applicabilita'  alle  ipotesi  di  sequestro  e  confisca  ex  art.
12-sexies  delle  disposizioni  in  materia  di  «amministrazione»  e
«destinazione» dei beni sequestrati e confiscati previste dal decreto
legislativo n. 159 del 6 settembre 2011,  senza  indicare  i  singoli
articoli applicabili  (modificando,  dunque,  la  tecnica  di  rinvio
adottata, da ultimo, con legge n. 94  del  2009).Dunque  la  volonta'
espressa e' quella di rendere applicabili tutte le norme dettate  nel
2011 (codice antimafia) in tema di amministrazione e destinazione dei
beni, ricomprendenti tanto la fase del  sequestro  che  quella  della
confisca. Tra queste risultano comprese le norme dettate in punto  di
tutela dei terzi (art. 52 e ss.) sia per  alcune  considerazioni  di'
ordine logico che per la «presa d'atto» sistematica dei rinvii tra le
norme espressamente richiamate. Va infatti osservato, gia' sul  piano
logico che i concetti di amministrazione e  destinazione  (specie  il
secondo) implicano la soluzione in fatto e in  diritto  di  tutte  le
questioni relative alla esistenza di pretese creditorie di  terzi  su
beni assoggettati a confisca. Non si puo' operare la destinazione dei
beni (nei modi e per le finalita' di cui al  decreto  legislativo  n.
159 del 2011) se non si ottiene  una  previa  valutazione  giudiziale
circa la pretesa vantata da un soggetto terzo  sul  bene  confiscato,
tesa a ridurre (in ipotesi) il valore della confisca. Ma,  anche  sul
piano sistematico, la  lettura  delle  norme  richiamate  e  la  loro
concreta  interrelazione   rassicura   ampiamente   circa   l'effetto
determinato dal  legislatore  e  rappresentato  dalla  applicabilita'
anche delle disposizioni in tema di tutela dei terzi. 
    Va infatti osservato che: 
        il titolo III del libro primo del decreto legislativo n.  159
del 2011 contiene le norme in tema  di  amministrazione,  gestione  e
destinazione dei beni sequestrati e confiscati; 
        il titolo IV del medesimo libro primo e' dedicato alla tutela
dei terzi e ai rapporti con le procedure concorsuali. 
    Cio' solo in apparenza rende le norme  in  punto  di  tutela  dei
terzi un corpus autonomo e slegato dal resto della disciplina (il che
giustificherebbe l'interpretazione riduttiva). 
    Le interrelazioni ed i richiami espressi tra norme sano,  invece,
costanti (come la logica  impone)  e  portano  alla  convalida  della
opzione includente. 
    Cio' a partire da quanto prevede l'art. 45,  norma  che  apre  il
capo  sulla   «destinazione»   dei   beni   confiscati   (della   cui
applicabilita' alle procedure ex art. 12-sexies in forza  del  rinvio
sin qui illustrato non puo' minimamente dubitarsi) e che testualmente
recita: a seguito della confisca definitiva  di  prevenzione  i  beni
sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e  pesi.  La
tutela dei diritti dei terzi e' garantita entro i  limiti  e  con  le
forme di cui al titolo IV. 
    Dunque l'intero titolo IV -  e  le  norme  in  esso  contenute  -
risultano  espressamente  richiamate  dalla  norma  fondamentale  (in
quanto svela l'opzione di fondo) in punto di «destinazione» che, come
si diceva, e' attivita'  che  implica  la  previa  risoluzione  delle
questioni creditorie. 
    Ma anche in tema di gestione, e' evidente che nel determinare  le
modalita' della stessa e nel compiere i relativi  atti  gia'  vengono
concretamente in rilievo i temi qui  evocati  (analisi  e  tutela  di
posizioni creditorie pregresse) come risulta dalla disciplina dettata
negli articoli 40 e 41 (ove  si  prevede  espressamente  al  comma  5
l'applicabilita' di altra previsione contenuta nel titolo  IV,  quale
e' l'art. 63 per le ipotesi di insolvenza). 
    Anche la verifica dei contenuti delle norme oggetto  di  richiamo
(titolo IV e tutela dei diritti dei terzi) lascia cogliere  la  piena
sovrapposizione funzionale tra  le  attivita'  qui  descritte,  nelle
diverse fasi del procedimento  gestionale,  come  e'  dimostrato  dal
fatto che  le  attivita'  di  verifica  dei  crediti  possono  essere
collocate,  ai  sensi  dell'art.  57,  comma  2,  anche  prima  della
confisca. 
    Pertanto, una prima conclusione puo' essere  tratta  dall'analisi
sin   qui   realizzata,   in   cio'   superandosi   il   dubbio    di
costituzionalita'  posto  dal  ricorrente:  le  norme   dettate   dal
legislatore nel decreto legislativo n.  159  del  2011  in  punto  di
tutela dei diritti dei terzi creditori vanno  ritenute  -  in  quanto
tali - applicabili anche all'ipotesi  di  confisca  emessa  ai  sensi
dell'art. 12-sexies in un procedimento penale, quantomeno a far  data
dalla entrata in vigore dell'art. 1, comma 190 della legge n. 228 del
2012, da ritenersi norma regolatrice della fattispecie. [...]. 
    Dunque  risulta  evidente  che  la   disposizione   che   rendeva
applicabili le disposizioni - in via diretta - del  codice  antimafia
ai sequestri e confische penali e' rappresentata dalla variazione del
testo del  medesimo  articolo  12-sexies,  contenuta  nel  comma  190
dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. 
    Sempre nel medesimo arresto (posteriormente ripreso e  condiviso,
tra le altre, da Sez. I n. 15533 del 27 ottobre 2017, dep.  2018,  rv
272626; Sez. I n. 9757 del 13 dicembre 2016, dep.  2017,  rv  269420;
Sez. I n. 9758 del 13 dicembre 2016, rv 269278; Sez. I n. 21  del  19
settembre 2014, dep. 2015, rv 261712; Sez. I n. 12362 del 15 febbraio
2016; Sez. I n. 11889 del 1° febbraio 2017; Sez.  I  n.  9577  del  7
febbraio 2017; Sez. I n. 26379 del 7 febbraio 2017) si precisava  che
nessun rilievo poteva essere attribuito ai posteriori contenuti della
legge di stabilita' del 2012 (commi 194/206 del medesimo articolo 1),
dettati  esclusivamente  per  la  confisca  di   prevenzione:   [...]
Questione  correlata  solo  in  apparenza   e'   quella   dell'ambito
applicativo delle previsioni «integrative» che il legislatore,  nella
residua parte dell'art. 1 della legge n. 228  del  2012  dedica  alle
ipotesi di rapporti pendenti in sede di prevenzione  patrimoniale.  A
ben vedere, le disposizioni dei commi 194 e seguenti di tale  art.  1
muovono dalla necessita' di rendere immediatamente applicabili alcune
delle nuove disposizioni emanate nel codice  antimafia  (in  tema  di
tutela  dei  diritti  dei  terzi)  ai  procedimenti  in  corso  e  ai
provvedimenti di confisca di prevenzione  divenuti  definitivi  prima
della entrata in vigore non gia' del decreto legislativo n.  159  del
2011 ma dei contenuti di detta legge. La questione, infatti, e' tutta
interna  alla  materia  della  prevenzione  (e  cio'   giustifica   i
riferimenti  terminologici  contenuti  nelle   disposizioni   ed   ha
alimentato l'opzione negatoria di cui sopra) per l'essenziale ragione
rappresentata  dalle  modalita'  di  formulazione   della   specifica
disciplina transitoria  del  decreto  legislativo  n.  159  del  2011
(l'art. 117, in forza del quale l'intero contenuto  del  libro  I  in
tema di  misure  di  prevenzione  trova  applicazione  solo  dove  la
proposta applicativa sia stata depositata dopo il 13 ottobre 2011). 
    Per tale fondamentale ragione il legislatore del 2012 ha ritenuto
necessaria l'emanazione - qui esclusivamente  per  il  settore  della
prevenzione - di una sorta di disciplina transitoria «avversa»,  tesa
a rendere applicabili -  nei  modi  regolamentati  dai  commi  194  e
seguenti - le nuove norme in tema di tutela dei terzi ai procedimenti
di prevenzione gia'  definiti  o  che  proseguono  -  in  virtu'  del
contenuto dell'art. 117 - con le regole anteriormente vigenti  (legge
n. 575 del  1965,  legge  n.  1423  del  1956).  Ma  tale  disciplina
transitoria  «speciale»  non  viene  richiamata   a   proposito   dei
procedimenti penali con confisca disposta ex art. 12-sexies in quanto
non necessaria, proprio in forza delle modalita' del rinvio contenuto
nel comma 190 del medesimo art. 1, legge n. 228 del 2012. 
    Le disposizioni  in  tema  di  «amministrazione  e  destinazione»
contenute nel decreto  legislativo  n.  159  del  2011  sono  infatti
richiamate «in quanto tali» (e non in quanto applicabili) e la  norma
contenuta in detto comma 190 e' destinata  a  calarsi  non  gia'  nel
procedimento di prevenzione (nel cui ambito sarebbe vigente il limite
dell'art. 117, opportunamente rimosso) ma  nel  procedimento  penale,
ove nessuna norma transitoria  espressa  risulta  prevista.  Pertanto
tali disposizioni (art. 52 e seguenti  decreto  legislativo  n.  159)
risultano  immediatamente  applicabili,   nel   procedimento   penale
interessato, secondo gli ordinari criteri di successione delle  leggi
nel tempo. 
    E' evidente, sul punto, che  nel  procedimento  penale  viene  in
rilievo l'ipotesi di tutela del  terzo  creditore  esclusivamente  in
sede esecutiva, posto che la tipologia di  domanda  ammissibile  (sul
punto si concorda pienamente con quanto deciso, nella prima parte, da
Sez. II n. 10471 del  12  febbraio  2014,  gia'  richiamata,  ovi  si
escludono forme di tutela anticipata  del  terzo  creditore)  non  e'
certo parificabile ad una istanza  di  revoca  del  provvedimento  di
sequestro. 
    Ma in  ipotesi  di  procedimento  definito,  come  del  resto  la
giurisprudenza di questa Corte ha sempre ritenuto  indispensabile  (a
partire  da  Sez.  U.  n.  9  del  28   aprile   1999)   il   giudice
dell'esecuzione non  puo'  esimersi  dal  compiere  la  verifica  del
presupposto  della  buona  fede  dell'istante,   oggi   espressamente
tipizzato nell'art. 52 e seguenti decreto legislativo n. 159 del 2011
e ai fini di cui all'art. 53 dello stesso [..]. 
    La distinzione, pertanto tra l'an della  tutela  (con  estensione
delle disposizioni degli art. 52 e seguenti del  decreto  legislativo
n. 159 del 2011 alle procedure penali di confisca estesa) e' stata  -
nella giurisprudenza di legittimita'  -  sempre  tenuta  distinta  da
quella relativa al quomodo della tutela, dichiarandosi  espressamente
inapplicabili al giudizio penale proprio i commi da 194 a  206  della
legge del 2012 (dettati per il solo giudizio di prevenzione). 
    Cio' perche'  la  tecnica  del  rinvio  «diretto»  tra  le  varie
disposizioni (con evocazione della disciplina «a regime»  del  codice
antimafia nel corpo dell'art. 12-sexies) rendeva  autosufficiente  il
sistema di tutela in ambito penale, sulla base dei principi  generali
della successione di leggi nel  tempo,  senza  necessita'  alcuna  di
attingere alla disciplina transitoria particolare  espressa,  per  il
solo procedimento di prevenzione, dai  commi  194  e  seguenti  della
legge n. 228 del 2012 (le decisioni in parola propendono,  quanto  ai
tempi della proposizione  della  relativa  domanda,  per  la  diretta
applicabilita' della disciplina di cui agli artt. 57 e 58 del decreto
legislativo n. 159 del 2011, nella misura  ampia  di  un  anno  dalla
irrevocabilita' o,  in  alternativa,  ritengono  applicabili  i  soli
termini di prescrizione del sottostante diritto di credito). 
    4.3 Il contrasto giurisprudenziale posteriore non  ha  per  nulla
riguardato  simile  aspetto  (il  quomodo  della  tutela   e   dunque
l'applicazione delle disposizioni in rito della legge  di  stabilita'
del 2012) ma esclusivamente la correttezza o meno dell'an,  ossia  il
riconoscimento delta  avvenuta  estensione  della  tutela  in  ambito
penale -  confisca  estesa  o  comunque  in  procedimenti  penali  di
criminalita' organizzata - dei  contenuti  delle  disposizioni  degli
articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n. 159  del  2011,  in
forza della modifica al testo dell'art.  12-sexies  adottata  con  il
comma 190 dell'art. 1, legge di stabilita' 2012 (sulla ipotesi  della
mancata estensione si sono espresse,  tra  le  decisioni  oggetto  di
massimazione, Sez. III n. 2351 dell'11 luglio 2018, rv  275462;  Sez.
IV n. 36092 del 6 luglio 2017, rv 270805;  Sez.  V  n.  8935  del  20
gennaio 2016, rv 266077). 
    E' appena il caso di rilevare, sul tema qui in  trattazione,  che
le decisioni tese a negare - tra il 2012 e il 2017 - l'applicabilita'
delle disposizioni in tema di tutela dei terzi contenute  nel  codice
antimafia alla confisca estesa  penale  a  maggior  ragione  negavano
l'applicabilita' a tali procedure delle disposizioni  in  rito  della
legge di stabilita' del 2012, compiendo riferimento alla possibilita'
di tutela del  solo  creditore  pignoratizio  o  ipotecario  mediante
incidente  di  esecuzione  (senza  alcun  riferimento  a  termini  di
decadenza per la proposizione della domanda, contenuti nei commi  199
e 205 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012). 
    4.4 E' in simile scenario  interpretativo  di  legittimita'  -qui
sinteticamente rievocato - che  va  calato  l'intervento  legislativo
adottato con legge n. 161 del 2017. 
    Il legislatore, all'articolo  31  della  legge  risolve,  in  via
definitiva, il segnalato contrasto di giurisprudenza sulla estensione
dell'an della tutela tra confisca di prevenzione e  confisca  estesa,
attraverso una nuova ri-formulazione del testo  dell'art.  12-sexies,
decreto-legge n. 306 del 1992, espressamente  includendo  nel  rinvio
(al comma 4-bis) le disposizioni in tema di «tutela dei terzi» di cui
al decreto legislativo n. 159 del 2011. 
    Si  tratta  di  una  disposizione  che  recepisce  l'orientamento
interpretativo gia' affermatosi a partire da Cass. Sez.  I  n.  26527
del 20 maggio 2014 ric. Italfondiario, in precedenza  citata  (e  che
solo per il diverso orientamento interpretativo introduce  un  novum)
ed eleva definitivamente ad unitarieta' la disciplina del trattamento
delle posizioni creditorie incise dalle diverse tipologie di confisca
qui  in  discussione.  Quanto,  invece,  alla  disposizione  di   cui
all'articolo 37,  espressamente  definita  interpretazione  autentica
dell'articolo 1, commi da 194 a 206 della  legge  n.  228  del  2012,
oggetto del dubbio di legittimita'  costituzionale  qui  esposto,  si
realizza - ad avviso del Collegio e per quanto sinora  argomentato  -
la  estrazione  di  un  significato  del  tutto  imprevedibile  dalle
disposizioni evocate, non trattandosi di «... un significato in  esse
gia' contenuto, riconoscibile come una delle loro possibili  varianti
di senso...» 
    Si e' illustrato, infatti, come dette disposizioni della legge n.
228 del 2012 - contenenti  limiti  alla  facolta'  di  esercizio  del
diritto,  specie  in  riferimento  alla  previsione  di  termini   di
decadenza piu' ristretti e comunque diversi da come strutturati nella
disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 159 del 2011  -  sono
state pacificamente ritenute applicabili, in sede nomofilattica, alle
sole procedure di prevenzione escluse dalla  applicazione  del  nuovo
corpus normativo entrato in vigore il 13 ottobre del 2011, e mai alle
domande di tutela del credito inciso da confisca penale. 
    Trattandosi,  anche  sul  piano  letterale,  di  un   significato
«estraneo» ai contenuti  della  disposizione  interpretata,  tale  da
incidere - negandola - sulla aspettativa di  tutela  della  posizione
creditoria e dunque  sul  diritto  di  agire  in  giudizio,  come  il
presente  caso  dimostra,  il  Collegio  ritiene  -  pertanto  -  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 37, comma 1 della legge n. 161 del 2017, per contrasto  con
i contenuti degli articoli 3 e 24, comma 1 della Costituzione. 
    Ne  deriva  la  sospensione  del  giudizio  in  corso,  come   da
dispositivo.